Speleo-Geriatri in Pisatela

di federico Lanaro, tratto dalla rivista Papesatàn 2002-2009 del Gruppo Speleologi CAI Malo

Era da un pezzo che Ico e Cesare ventilavano l’idea di portare qualche vecchio speleologo alla grotta della Pisatela in Faedo; ogni volta che si fissava una data succedeva qualcosa che annullava l’appuntamento: una nevicata eccezionale, gli acciacchi di qualche speleo-geriatra insostituibile, le piogge copiose; per dire qualche motivo di rinvio.
Si decise allora di fissare una data e rispettarla assolutamente, secondo la vecchia filastrocca che dice: “chi xe dentro xe dentro, chi xe fora xe fora”. Nel frattempo il GGS aveva “trovato” un ingresso alto della Pissy ed allora Cesare pensò bene di organizzare una traversata, secondo la logica che è meglio fare una strada una sola volta anziché andata e ritorno. Ma alle volte la logica non si deve applicare alla speleologia… vedremo poi perché.
L’appuntamento fu così fissato per Sabato 11 Luglio 2009. Risposero all’ appello: Cesare Raumer, Federico Lanaro, Beppe Nassi, Renato Dani, Armando Stefani, Fabio Sartori, Alberto Rossi, Claudio Barbato, Enrico Gleria. I nove speleo-geriatri si ritrovarono a Monte di Malo al bar per un ultimo caffè. Sotto un cielo terso dopo l’ennesima pioggia del giorno prima ci trasferimmo in Val delle Lore per lasciare qualche auto e quindi a Contrà Cima al Faedo.

I “veci” dei gruppi speleo vicentini che si apprestano a fare la traversata della Pisatela (foto archivio GSM)
Cesare Raumer, Armando Stefani, Fabio Sartori, Enrico Gleria, Renato Dani, Claudio Barbato, Alberto Rossi, Beppe Nassi, Federico Lanaro (fotografo)

Lenti preparativi, foto di rito al Capitello e via all’ingresso alto con il pozzo “Pater Noster” di cinquanta metri. Dieci minuti di buon cammino e siamo sul posto, dove un terrazzo di sassi ci fa capire la mole del lavoro compiuto dal GGS per l’apertura artificiale del “Pater Noster”. Ci vestiamo e dai sacconi escono vecchi imbraghi, maniglie Jumar, addirittura un discensore Diablo con tanto di maniglia-frenante. Fabio si stende a terra per riuscire a chiudere il ventrale su un imbrago di “trenta chili fa”.

Cominciamo a scendere che sono passate le 11 del mattino. Beppe si ferma alla partenza della verticale per controllare la discesa di qualche geriatra particolarmente “arrugginito”, ma tutto fila liscio a parte il sacco di Claudio che sceglie di scendere il pozzo da solo in caduta libera, ma senza danni particolari.
Iniziamo a percorrere il meandro Megal Gale che si rivela ben presto piuttosto stretto e bagnato. Sono duecento metri piuttosto “tecnici” dato che i passaggi sono: o a terra dove scorre allegro il torrentello ingrossato dalle recenti piogge o in alto sull’allargamento di sezione, con notevole sforzo per non cadere ed incastrarsi. E’ una progressione faticosa anche per speleologi in verde età, figurarsi per le nove cariatidi che si cimentano nell’impresa. Comunque sia arriviamo finalmente alla Sala Monte Faedo. Un’ occhiata all’orologio: le due passate. Faccio presente a Cesare che è ora di fermarsi e mangiare qualcosa. Enrico è un po’ indietro con Claudio che fa da “servizio scopa”. Enrico scivola e cade sulla mano protesa, sente un crak, si rialza e sviene sorretto da Claudio che era subito dietro. La situazione sembra grave. Siamo ben dentro la grotta ed abbiamo un ferito. Già si pensa a mandare qualcuno a chiedere l’intervento del Soccorso. Intanto facciamo sedere Enrico e cominciamo a somministrargli un buon thè caldo e cibi ricchi di zuccheri. Sembra reagire bene.
Claudio gli mette una fascia elastica che portava sulla mano per una frattura ad un dito. Cominciamo lentamente ad uscire. Sulla cascata Enrico se la cava egregiamente con l’aiuto di Ico e Cesare. Quando cominciamo a pensare che il peggio è passato Armando, messo un piede in fallo, scivola e cade battendo violentemente una natica su uno spuntone. E’ doloroso ma non c’è niente di rotto, anche lui dovrà stringere i denti e andare. Ad un certo punto Beppe raccoglie da terra un ciottolo e lo osserva incuriosito. Io gli chiedo cos’è e lui me lo passa e va via. Io vedo che è di colore bianco e nero, sembra strano e lo intasco, poi vedrò fuori come sarà.
Arrivati allo Star Gate decidiamo per la via dell’acqua, più breve anche se bagnata, piuttosto che il lungo aggiramento con pozzi e camini da percorrere in corda. E’ la scelta giusta visto che siamo già bagnati ed Enrico sarebbe sicuramente più in difficoltà sulle corde. Siamo così alla Sala dell’Orda. Breve sosta per tirare il fiato e rimettere gli attrezzi da progressione. Enrico è provato e sopporta il dolore con stoicismo. Fin qui è andato benissimo, non ci ha praticamente mai rallentato significativamente. Ora ci restano solo i pozzi da superare, la parte che temiamo di più perché Enrico deve per forza arrangiarsi da solo in corda, noi lo agevoleremo in tutto, il più possibile. Partiamo. Cesare per primo, poi Enrico, noi teniamo la corda tesa da sotto. Enrico è ancora una volta bravissimo.
Solite chiacchiere alla base dei pozzi, la speleologia non è cambiata da vent’anni fa. L’innovazione più significativa è data dall’illuminazione a led. Chi l’aveva ha illuminato anche i “carburati” che hanno tribolato assai con impianti datati come i relativi proprietari. Alle 18 e 45 è fuori anche l’ultimo speleo.
Dalle 6 ore previste ne abbiamo fatte 7 e mezza, ma per motivi più che giustificati. Siamo tutti stanchi e provati, ma siamo contenti per l’impresa compiuta: la prima traversata ufficiale intergruppo della Pisatela, compiuta da nove speleologi la cui sommatoria di età arriva a sfiorare i 500 anni. Non male davvero.
Accompagno Enrico a casa dove Carla lo attende per portarlo poi al Pronto Soccorso da cui uscirà solo a notte inoltrata. Gli riscontreranno la frattura del polso e lo ingesseranno il giorno dopo.
Lo strano “sasso” raccolto da Beppe e portato fuori da Ico risulterà essere un grosso molare di erbivoro. Paolo Boscato che vedrà la foto del reperto, dice che potrebbe trattarsi di un “megacero”, una specie di gigantesco cervo alto 2,5 metri e con palchi di 3 metri.
“Tutto è bene quel che finisce bene” recita un vecchio adagio: la nostra avventura in Pisatela è quindi andata, tutto sommato bene, anche se, col senno di poi, per un rientro in grotta dopo tanto tempo per alcuni, la semplice discesa e visita del Ramo Giacobbi e Sala delle Mogli sarebbe stata più realistica. Ma così è andata, e, nel bene e nel male, siamo felicissimi di aver compiuta la prima traversata intergruppo di questa fantastica grotta, ulteriore sviluppo di quel grande, esteso, bellissimo”vuoto sotterraneo” altrimenti chiamato BUSO DELLA RANA.

Qui il racconto fatto da Claudio Barbato

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