Incidenti

Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico
SOCCORSO SPELEOLOGICO
VI° Gruppo – Veneto

Il Buso della Rana è una cavità labirintica ad andamento sub-orizzontale percorsa da numerosi torrenti. In caso di pioggia molti tratti di gallerie vengono rapidamente allagati rendendo impossibile il ritorno all’esterno. La Valutazione del regime idrico richiede una conoscenza specifica della cavità. L’accesso oltre il sifone è consigliato solo ad esperti speleologi !
In caso di incidente dare l’allarme al Soccorso Speleologico
chiamando il numero 118). Chi dà l’allarme fornisca il proprio nome, da dove e da che numero sta chiamando, indicazioni dettagliate sul tipo e luogo dell’incidente, condizioni degli infortunati. Non abbandonare per nessun motivo il telefono da cui si dà l’allarme.

 

Questo è l’elenco degli incidenti avvenuti al Buso della Rana in cui è stato allertato ed ha dovuto intervenire il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico. Non compaiono pertanto tutti quegli incidenti che si sono risolti senza l’intervento dell’ente ufficiale del soccorso.

Sarà ben accetta ogni segnalazione inerente ad incidenti non presenti nel seguente elenco, oppure presenti ma senza descrizione.

La fonte dei dati è il sito del C.N.S.A.S.

Data Cause Conseguenze
6 Novembre 1994 Piena Nessuna
Agosto 1994 Cedimento materiale Lievi
Settembre 1989 Piena Gravi
Febbraio 1988 Cedimento appiglio Gravi
05-06 Giugno 1988 Piena Nessuna
31 maggio 1987 Sfinimento Nessuna
Gennaio 1985 Cedimento appiglio Gravi
Ottobre 1985 Caduta sasso Lievi
Novembre 1982 Piena Nessuna
8 gennaio 1978 Cedimento attacco Lievi
28-29 gennaio 1978 Piena Nessuna
14 maggio 1977 Piena Nessuna
Dicembre 1977 Cedimento materiale Nessuna
12 maggio 1974 Cedimento appiglio Gravi

Descrizione di alcuni incidenti:

05-06 giugno 1988

Note riguardo all’eccezionale piena del 5 giugno 1988 (“gli gnocchi”)
Di Federico Lanaro (testimone diretto)

A riguardo va detto che lo scrivente fu testimone diretto di varie cose che passo brevemente ad annotare:

1- tempo di riempimento
Va detto che era tempo di secca; da più di un mese e mezzo non pioveva ed iniziò a piovere la notte tra sabato e domenica. Alle nove del mattino l’acqua aveva smesso di cadere però il cielo prometteva ancora tanta e tanta acqua (Bernacca confermava!).
Siamo entrati che la grotta era COMPLETAMENTE ASCIUTTA e siamo avanzati fino al Trivio; qui il livello era più alto del normale (bisognava bagnarsi fino alla coscia) e si sentiva l’acqua scorrere più velocemente e rumorosamente. Abbiamo fatto dietro-front senza troppi allarmismi, ma il Laghetto di Caronte era già 20-40 cm più alto ed il Sifone era già bloccato. Comunque, dopo circa un’ora e mezza, il livello era leggermente sceso e dall’esterno del sifone altri speleo avevano tolto alcuni massi dal corso d’acqua per farla defluire più velocemente. Gli speleo hanno potuto uscire con circa 10 centimetri d’aria. L’acqua ha quindi ricominciato a salire.
Dall’inizio della pioggia, la piena è arrivata dalle cinque alle sette ore dopo, CON GROTTA ASCIUTTA.
La piena è quindi salita fino a raggiungere livelli impressionanti.

2 – livelli di riempimento
L’ondata di piena è stata osservata dal Labirinto. Il Ramo Principale era completamente allagato ed impercorribile. Il Trivio sifonava ed il rigurgito riempiva il Ramo Principale completamente almeno fino a 100-150 metri a monte, fino quasi al Labirinto (il punto esatto non è stato osservato).
Il Ramo delle Marmitte anch’esso sifonava con rigurgiti; la corrente d’acqua ritornava indietro fin da 100-70 metri prima del Trivio. Gli apporti attivi scaricavano in maniera impressionante, specialmente il Cunicolo della Diaclasi, oltre il quale non è possibile proseguire (arrivando a nuoto dalla Sala da Pranzo!) perché l’acqua tornava indietro!
Nelle curve a gomito successive al bivio per il Ramo dei Ponticelli (sempre arrivando dalla Sala da Pranzo), sono stati notati apporti attivi non segnati sul rilievo. E’ stato notato soprattutto attraverso una stretta ed impercorribile fessura visibile in corrispondenza di una nicchia sulla parete sinistra orografica a 2-3 metri sopra il normale livello di percorrenza.
Il Laghetto di Caronte è quasi sifonato poiché le schiume sono arrivate fino al soffitto della galleria. Va ricordato che le schiume ostacolano oltremodo la percorribilità del Ramo Principale anche nella fase di deflusso, poiché riempiono la galleria con spessori a volte di alcuni metri sopra il livello di scorrimento dell’acqua e che costringe ad avanzare letteralmente mezzi in acqua e mezzi dentro la schiuma.
Da osservare che l’acqua non ha occupato totalmente la Sala del Trono lasciando alle nove persone bloccate solo uno spazio di pochi metri quadrati in cima alla frana. Pertanto il livello del Sifone è arrivato a circa 3-4 metri oltre il suo livello normale. Data l’eccezionalità della piena, confermata dagli abitanti delle contrade esterne, e data la funzione di regolatore di piena svolta dal sifone del Trivio, è da ritenere che il livello raggiunto alla Sala del Trono ed al Sifone sia quello massimo teorico raggiungibile.

3 – durata della piena
Il Sifone è rimasto chiuso per circa 10-12 ore. Da tenere conto anche del fatto che la pioggia all’esterno ha continuato a cadere ininterrottamente ed abbondantemente per almeno 8-10 ore.

 

28-29 gennaio 1978

Persone coinvolte: 13

In quei giorni era stata organizzata una visita alla cavità da parte di speleologi faentini (5) ed imolesi (8), erano accompagnati all’ingresso della grotta da uno speleologo del luogo, il quale li tranquillizzava circa le condizioni idriche della cavità; nonostante le negative condizioni atmosferiche, non si erano mai verificate situazioni di pericolo a causa dell’aumento dell’acqua.
Gli speleologi emiliani raggiunsero in poche ore il fondo di una diramazione e, mentre consumavano uno spuntino, notavano che il ruscello, che in quel punto percorre la grotta, si era intorbidito ed era aumentata la portata idrica. Pur senza preoccuparsi eccessivamente, decidevano di ritornare; e nel percorso si rendevano conto del progressivo aumento dell’acqua. Infatti certi passaggi che all’andata erano stati superati strisciando ma senza bagnarsi, al ritorno obbligavano ad immergersi nel torrente che, ingrossato da vari affluenti, aumentava più ci si avvicinava alla uscita.
Percorrendo un meandro, in precedenza asciutto, dovettero innalzarsi di parecchio in quanto risultava completamente invaso dall’acqua. Estremamente difficoltosa si rivelò la discesa di un piccolo pozzo, armato con scale di ferro, in cui gli speleologi dovettero assicurarsi con una corda per evitare che la cascata li strappasse dalla scala; la portata del torrente fu valutata intorno ai 100 litri al secondo. I primi a scendere si incamminarono verso l’uscita dividendosi così dagli altri, avanzarono in una galleria sino al punto in cui la volta si abbassa di parecchio; nello stesso momento la piena creò un sifone e rischiarono di essere travolti e trascinati dalla corrente. Arrampicando velocemente si innalzarono di vari metri (l’acqua a causa del sifone, era cresciuta di almeno 2 m.) e tornarono indietro raggiungendo i compagni dove la galleria si allarga. Tutti assieme si portarono in una zona non invasa dalle acque e, tentando di asciugarsi, decisero di aspettare il deflusso.

Trascorsero circa 7 ore durante le quali il freddo, il sonno e la stanchezza determinarono una certa tensione soprattutto nei più giovani e meno esperti; costantemente veniva osservato il livello del torrente, e finalmente l’acqua cominciò a decrescere. Partiti molto guardinghi, raggiunsero velocemente l’uscita.

COMMENTI: Relativamente all’accaduto. fortunatamente senza conseguenze ma con momenti drammatici, si possono fare alcune considerazioni; il fatto che mai si fosse verificata una piena del genere, ha indotto gli speleologi ad affrontare la grotta con assoluta tranquillità, anche in considerazione che, avendo chiesto informazioni a chi aveva molta esperienza di quella cavità, erano stati rassicurati. Evidentemente non si poteva immaginare una cosa del genere. Sarà il caso di tenere ben presente che anche il Buso della Rana, in particolari condizioni, diventa pericoloso.

Un errore commesso è stato invece l’aver mandato verso l’uscita i meno esperti da soli; gli altri infatti si erano già resi conto che il punto stretto avrebbe formato sifone, e quindi era il caso di portarsi in zone alte ed attendere il defluire dell’acqua.

Relazione pubblicata sul Bollettino della Sezione Speleologica del CNSA n. 8, 1979

 

8 gennaio 1978

M.A. e R.R., speleologi vicentini, durante un’uscita di rilevamento topografico risalivano per circa 5 m una scaletta fissata ad un chiodo da roccia trovato in loco. Terminato il rilevamento della diramazione R.R. iniziava la discesa sulla scala quando all’improvviso il chiodo si sfilava ed il giovane precipitava, sbattendo violentemente il capo contro un masso (nell’urto andava distrutto l’impianto di illuminazione del casco che, fortunatamente, aveva assorbito gran parte dell’urto). Rialzatosi senza riscontrare danni – a parte qualche escoriazione alle mani – aiutava il compagno a scendere.

Pubblicato nel Bollettino della Sezione Speleologica del CNSA, n. 9, 1980)

 

14 maggio 1977

V., anni 18, B. O., anni 31, Z. A., anni 18, si erano inoltrati nella cavità quando un’improvvisa piena del corso idrico sotterraneo allagava il sifone iniziale, impedendo loro di ritornare all’esterno. Dopo alcune ore veniva dato l’allarme ai Vigili del Fuoco che in serata avvisavano la Squadra di Vicenza che prontamente interveniva con 12 Volontari, considerata la particolarità dell’intervento. Si esaminava attentamente la situazione idrica e, nonostante la piena, i Volontari riuscivano a superare il sifone ed a trasportare all’esterno i tre bloccati che non avevano subito nessun danno fisico; solo freddo per le ore d’attesa.

Pubblicato nel Bollettino della Sezione Speleologica del CNSA, n. 7, 1978.

Dicembre 1977

N., 19 anni, socio di un Gruppo Grotte, era in esplorazione al fondo dei rami nuovi. Durante la risalita di un salto di circa 10 m in cui era in loco una scala da tre anni, improvvisamente avvertiva la rottura della scala, restava appeso alla corda di sicura effettuata dal basso. La scala si era rotta proprio sotto lo spit di attacco, tale rottura era dovuta al continuo sfregamento dei cavetti su di uno sperone; in 3 anni di utilizzo, lo sperone aveva completamente tranciato i cavetti.

Pubblicato nel Bollettino della Sezione Speleologica del CNSA, n. 7, 1978.

 

12 maggio 1974

B. di anni 20 mentre con un compagno tentava di risalire un camino cadeva, per il cedimento di un appiglio, da una decina di metri d’altezza riportando un grave trauma cranico con conseguente commozione cerebrale e stato di coma. L’incidente avveniva alle 19.30, l’allarme giungeva alla Squadra di Vicenza alle 23.30 tramite il 113 ed i Vigili del Fuoco. Alle 0.45 del 13 maggio il ferito viene raggiunto dai primi soccorritori; qualche ora più tardi arriva la seconda Squadra di Vicenza mentre nelle prime ore del mattino giunge pure la Squadra di Verona. Alle 11 il ferito è all’esterno della grotta, una delle più lunghe – con i suoi 10 chilometri sinora rilevati – d’Italia, da dove viene trasportato all’ospedale di Vicenza.

Pubblicato nel Bollettino della Delegazione Speleologica del CNSA, n. 4, 1975.

INCIDENTE AL BUSO DELLA RANA
La sera di domenica 12 maggio 1974 si verificava nella grotta « Buso della Rana » a Monte di Malo (Vicenza) un grave incidente ad un giovane speleologo di Padova, il ventenne Alessandro Bodin.
Stava egli infatti esplorando, unitamente ad un amico, un pozzo verticale di un ramo nuovo di questa complessa grotta, che con i suoi 10 Km. tuttora esplorati risulta una fra le più grandi d’Italia, quando, per il cedimento di un appiglio, scivolava e faceva un salto di circa 7 metri; erano circa le ore 19.
La spedizione era composta da 6 persone, 3 delle quali sono rimaste col ferito, entrato in coma, mentre 2 sono uscite per chiamare soccorso e hanno dato l’allarme verso le ore 22,30.
I primi soccorritori, giunti da Schio e da Padova, sono entrati in grotta a mezzanotte ed hanno raggiunto il ferito verso le ore 2. Le prime provvidenziali cure all’infortunato sono state portate da un medico di Schio, giunto con la squadra di soccorso. Coricato in barella il Bodin, si sono subito iniziate le operazioni del suo trasporto all’esterno; trasporto che è stato molto laborioso e faticoso, per la presenza lungo il percorso di strette fessure e sifoni. Un secondo gruppo di soccorritori della squadra di Vicenza è giunto a dare aiuto ai primi verso le ore 3 e verso le ore 7 sono arrivati anche volontari della squadra di Verona.
II ferito era fuori della cavità alle ore 10 e veniva immediatamente trasportato con l’ambulanza all’ospedale di Vicenza, accompagnato da un medico giunto con i soccorritori di Padova e volontario della squadra di Verona.
I sanitari dell’ospedale riscon-travano lo stato comatoso dovuto a commozione cerebrale.

Giampaolo Fornara
Dal Notiziario di speleologia Emiliana, mag-giu 1974

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