Il Territorio


Gli ingressi del sistema ed i principali parcheggi per le auto nelle vicinanze

Il territorio

Ecco come le gallerie s’insinuano sotto l’Altopiano del Faedo-Casaròn (foto del pannello esposto in prossimità dell’ingresso del Buso della Rana)

Geografia del territorio

di Federico “Iko” Lanaro, Matteo Scapin, Stefano Lillo Panizzon (Gruppo Speleologi Malo – CAI Malo), tratto dall’articolo “Congiunzione Buso della Rana – Buso della Pisatela” in Speleologia Veneta vol. n° 20 – 2012

L’Altopiano del Faedo-Casaron è localizzato nel Veneto Nord-Occidentale e occupa un’area geografica di circa 15 km quadrati, confinante a Est con la pianura padano-veneta di Malo e Schio, a Sud con la valle del torrente Roseola ed il Comune di Comedo Vicentino, ad ovest con la valle del torrente Agno e la città di Valdagno, mentre a Nord si raccorda senza soluzione di continuità con le colline di Passo Zovo e Monte Magre presso Schio. La zona è compresa tra la latitudine di 45°36’46” (Comedo) a Sud e 45°39’35” (Monte di Malo) a Nord; la longitudine 11°19’46” (Monte Faedo) verso Ovest e 11°22’22” (Priabona) verso Est. Morfologicamente esso è costituito da litotipi calcarei che danno origine a forme superficiali dolci e arrotondate tipiche collinari, con le valli orientate secondo le principali direttrici tettoniche lessinee.

L’Altopiano costituisce infatti l’estremo limite Est dei colli Lessini. La maggiore altitudine si registra nel settore Ovest con il Monte Faedo (780 mslm). La lunga dorsale del Monte Casaron che parte dal Monte Ulba (715 mslm) e termina sul Monte Grande (609 mslm) costituisce quasi tutto il limite Est dell’Altopiano. La quota media del massiccio calcareo varia dai 500 ai 600 metri. La copertura vegetale è costituita prevalentemente da boschi di faggio (Fagus sylvatica) e castagni (Castanea saliva). Le zone erbose prive di copertura boschiva, un tempo adibite a pascolo, sono assai rare e si trovano generalmente nelle vicinanze dei nuclei abitati. Questi sono distribuiti nel territorio con il nome di “contrà” o “contrada” e sono costituite da un agglomerato di case organizzate secondo le necessità della civiltà rurale contadina, con stalle per gli animali e piccoli orti coltivati.

Gli animali selvatici sono quelli tipici della zona vegetale a latifoglia: il capriolo, la volpe, il tasso, la lepre, lo scoiattolo, il ghiro. Proprio quest’ultimo piccolo mammifero non disdegna la frequentazione delle grotte. E’ stato infatti visto nelle zone più interne del Buso della Rana, soprattutto nei pressi del bivacco di Sala Snoopy. Una nidiata di ghiri è stata osservata in Sala della Foglia nella zona più remota del Ramo Nero, che si trova ad una distanza dalla superficie di un centinaio di metri.

Le foto aeree dell’Altopiano del Faedo-Casaròn fatte da Antonio Danieli

L’altopiano del Faedo.

di Leonardo Busellato – Gruppo Grotte Schio
tratto dall’articolo “NUOVE STRAORDINARIE SCOPERTE SPELEOLOGICHE NEL TERRITORIO DI MONTE DI MALO” presente nella pubblicazione “Acqua e Terra della Valleogra”-Sentieri culturali 3, 2003

L’altopiano del Faedo, rispetto ai grandi altopiani carsici, è veramente minuscolo ma grazie alla sua particolare natura geologica e alla favorevole successione stratigrafica ha permesso la formazione di cavità di dimensioni straordinarie. Nell’area nord occidentale l’andamento dei reticoli idrici sotterranei è condizionato dalla presenza di una estesa colata di basalti olivinici e vulcaniti, sormontata da una pila di calcari oligocenici (calcareniti di Castelgomberto). I basalti, grazie alla loro impermeabilità e alla loro giacitura, hanno determinato lo scorrimento incanalato delle acque da Ovest verso Est secondo la generale immersione degli strati.

Profilo schematico del sistema carsico Buso della Rana-Pisatela (di Tisato, Sauro, Bernasconi, Bruijn, De Waele)

Profilo schematico del sistema carsico Buso della Rana-Pisatela.  Sezione “A” mostra un dettaglio della zona a monte, sezione “B” è il dettaglio di una faglia all’interno Buso della Pisatela, e la sezione “C” mostra un particolare dell’ingresso del Buso della Rana.
Tratto da “Hypogenic contribution to speleogenesis in a predominant epigenic karst system: A case study from the Venetian Alps, Italy” di Nicola Tisato, Francesco Sauro, Stefano M. Bernasconi, Rolf H.C. Bruijn, Jo De Waele

 

Una leggera flessura del letto impermeabile e una serie di fratture della massa sedimentaria sovrastante hanno condizionato lo sbocco delle acque, soggette a grandi pressioni idrostatiche, in corrispondenza dell’attuale ingresso del Buso della Rana. Nel tratto sud orientale dell’altopiano, in prossimità dell’abitato di Priabona, lo scorrimento idrico non può raggiungere il livello di base grazie alla presenza di potenti ed estesi orizzonti marnosi piuttosto impermeabili (marne del Priaboniano) nei quali lo scorrimento idrico principale avviene ancora oggi in regime freatico lungo sistemi di condotte vascolari. A Priabona, infatti, troviamo un’altra grande grotta, la Grotta della Poscola, esplorata da elementi del Gruppo Grotte “Trevisiol” di Vicenza che hanno saputo operare in ambienti veramente ostili, superando grandissime difficoltà e con l’applicazione anche dì tecniche subacquee.
Sugli stessi livelli ma sul versante di Cereda sono presenti altre grotte con corsi d’acqua minori e precisamente la Grotta del Cameron e il Buso dell’Acqua. Un capitolo a sé è rappresentato dalla Grotta ai Cocchi in località Spagnago, una grande grotta ricca di drappeggi concrezionali, esplorata dal Club Speleologico “Proteo”, che si sviluppa in calcari eocenici al di sotto del livello impermeabile sul quale si estende il Buso della Rana e la Grotta della Poscola.
La sommità dell’altopiano del Faedo è segnata da diffusissime manifestazioni di carsismo superficiale che si presenta con estese concentrazioni di campi solcati a carso parzialmente coperto e da innumerevoli doline di ogni forma e dimensione che movimentano tutto il paesaggio. L’unità morfologica dell’altopiano è segnata profondamente a SE dalla Valle Faeda e a NW dalla Valle delle Lòre il cui andamento segue i principali motivi tettonici della nostra zona.
Il nome di Valle delle Lòre (grandi imbuti per il travaso del vino nelle botti) è particolarmente significativo perché è legato alla presenza di tutta una serie di doline a gradinata che, assorbendo le acque meteoriche, hanno reso fossile la valle.
Le calcareniti di Castelgomberto, interessate da una diffusa permeabilità accidentale dovuta ad un’intensa fratturazione, hanno un alto contenuto di materiale insolubile il quale, quando la roccia subisce l’azione aggressiva dell’acqua piovana acida in anidride carbonica, tende a depositarsi e ad occupare il fondo delle doline impermeabilizzandolo tanto da consentire, secondo un testimone oculare del luogo, la formazione in almeno una di queste depressioni di un laghetto temporaneo (testata della Valle delle Lòre, al limitare del bosco dei Maistri) come nei polje del Carso croato e sloveno.
In tutto l’altopiano del Faedo, attualmente, sono note un centinaio di cavità per lo più ad andamento verticale. Tra le grotte verticali possiamo ricordare grotte ormai storiche come la Spurga dei Forni, la Spurga del Barbeta e la bellissima Spurga delle Parpanoie, esplorate negli anni ’60 dal Gruppo Grotte Schio C.A.I., ma i primi veri abissi, per profondità e per complessità, entrati nel novero dei grandi abissi del Veneto, sono la Spurga del Viperotto, il Buso de Checo e l’Abisso Papanero esplorati dal Gruppo Speleologi Malo.
Questi abissi avevano acceso la speranza di raggiungere il livello della falda sospesa prossima ai basalti e di penetrare così in grandi gallerie appartenenti al sistema della Poscola e del Buso della Rana. Purtroppo la presenza di diffusi depositi di riempimento clastici e argillosi aveva impedito di realizzare tale congiunzione.
Il Comune di Monte di Malo, nell’intento di valorizzare e far conoscere l’ambiente naturale e i fenomeni carsici presenti sul suo altopiano, ha realizzato una serie di itinerari didattici di straordinario interesse. Per apprezzarli appieno, è opportuno rivolgersi agli appassionati, che seguono il Museo dei Fossili del Priaboniano realizzato, sempre dal Comune di Monte di Malo, in località Priabona, e in particolare al maestro Renato Gasparella che rappresenta un po’ l’anima di questo gioiello di museo.

Considerazioni di carattere idrologico.

di Leonardo Busellato – Gruppo Grotte Schio
tratto dall’articolo “NUOVE STRAORDINARIE SCOPERTE SPELEOLOGICHE NEL TERRITORIO DI MONTE DI MALO” presente nella pubblicazione “Acqua e Terra della Valleogra”-Sentieri culturali 3, 2003

L’importanza della scoperta dei reticoli di gallerie del Buso della Pisatela consiste in una migliore e più approfondita conoscenza del territorio ma principalmente, a nostro avviso, nella intercettazione dei due notevoli torrenti sotterranei in quota (ca. 600 metri). Il progressivo impoverimento quantitativo e qualitativo degli acquiferi di pianura a causa di uno sfruttamento sempre più intensivo e di un inquinamento sempre più pesante e diffuso porterà a breve alla necessità di sfruttare maggiormente le risorse idriche degli acquiferi carsici, predisponendo il trasporto, anche a distanza, delle risorse idriche montane come già avviene per molte aree del Sud d’Italia. Fino ad una decina di anni fa, nel nostro paese, veniva sfruttato non più del 25-30% delle acque provenienti dagli acquiferi carsici ma in un prossimo futuro si prevede uno sfruttamento pari al 75-80%.
È evidente che tali risorse devono essere ben tutelate contro qualsiasi tipo di inquinamento accidentale o permanente legato alle attività umane nel territorio.
L’altopiano del Faedo, come ogni altopiano carsico, manca quasi completamente di idrografia superficiale perché tutta l’acqua di origine meteorica viene drenata da una diffusa rete di fratture circa parallele e ortogonali alla “linea di Schio”. Nel punto di incrocio delle fratture si innescano processi di assorbimento e le acque, chimicamente attive, esplicano un’azione corrosiva radiale che predispone la formazione delle doline. Tale processo viene esaltato dalla presenza di un manto erboso e forestale che tende ad arricchire il tenore di anidride carbonica a livello del suolo e, con il degrado del materiale organico, produce acidi umici che aumentano di molto il grado di acidità delle acque percolanti. L’azione corrosiva si esplica su tutta la superficie e in profondità contribuendo all’ampliamento delle fratture e alla generazione di tubi freatici nei punti di incrocio tra le diaclasi (fratture aperte) e i giunti di strato (discontinuità tra uno strato e l’altro).
I tubi freatici di dimensioni maggiori favoriscono la concentrazione dei reticoli idrici profondi e si ampliano più velocemente a spese di quelli minori, grazie anche al principio di corrosione per miscela d’acque a diverso grado di saturazione e al trasporto di elementi abrasivi che sviluppano una importante azione erosiva. Nel caso della Pisatela, come per il Buso della Rana, le gallerie principali si sono formate in prossimità del punto di contatto tra le calcareniti e il basalto, che qui si trova a circa 70-80 metri di profondità rispetto all’ingresso della grotta e lo scorrimento idrico sotterraneo avviene secondo un sistema a drenaggio dominante attraverso grossi collettori.
I rami della grotta, a monte dello “Stargate”, seguono la pendenza generale del letto basaltico e quindi hanno un andamento in costante salita con gradini più o meno marcati legati a diversità litologiche o a fenomeni di disturbo di natura tettonica. Il dislivello attuale tra lo “Stargate” e le regioni di “Tira Bora” è di circa ottanta metri, dieci in più quindi del dislivello tra l’ingresso della grotta e lo “Stargate”. Fra il “Tira Bora” e le fessure che sboccano all’esterno poi ci sono ancora una cinquantina di metri e ciò spiega perfettamente il fatto che la grotta, all’ingresso, aspiri aria d’inverno e la soffi d’estate.
Dalla testata della Valle delle Lore, l’asse principale della grotta si sviluppa verso il roccolo Sella e la cima Faedo, passando sotto un’infinità di doline che costituiscono come una miriade di imbuti da predisposizione tettonica i quali raccolgono e veicolano in profondità tutte le acque meteoriche. In occasione di piogge torrenziali gli ambienti ipogei
sono interessati da piene violentissime che comunque sembra si riducano in tempi abbastanza brevi. Questo regime dimostra che la comunicazione tra la superficie e le grandi gallerie sotterranee risulta piuttosto veloce e, di conseguenza, che la copertura elastico-terrosa ha uno scarso potere di trattenuta. Ricerche specifiche eseguite da valenti studiosi della materia, hanno stabilito che l’azione depuratrice di un acquifero carsico, almeno per quanto riguarda l’inquinamento di origine biologica, è esercitata principalmente dal suolo e dalla copertura di clastici perché è lì che avvengono le principali reazioni fisico-chimiche con l’eventuale inquinante. Superato questo strato, nella roccia sottostante, la circolazione avviene per lo più in regime vadoso (scorrimento a pelo libero) e quindi con bassissima se non nulla capacità depurativa. Gli sbancamenti di qualsiasi tipo in ambiente carsico, per il fatto di ridurre se non eliminare la copertura elastico-terrosa, facilitano la concentrazione dei reticoli idrici permettendo l’instaurarsi di una circolazione di tipo a carso scoperto, che risulta la più vulnerabile per l’acquifero carsico.
Questa situazione, comune alla maggioranza degli altopiani carsici, porta alla conclusione che la presenza di qualsiasi inquinante che dovesse interessare l’ambiente superficiale, dalle sostanze organiche ai composti chimici e agli scarichi industriali, in tempi brevissimi raggiungerebbe le gallerie sotterranee e di lì la cintura di risorgive che sgorgano all’esterno, nel nostro caso a livello del contatto calcareniti-basalto, le quali sono oggetto di captazione idrica da parte della comunità di Monte di Malo.
Considerato il rapido sviluppo futuro delle captazioni idriche degli acquiferi carsici, sarebbe indispensabile sviluppare tutta una serie di rilevazioni, secondo metodologie di studio specifiche come la costruzione di mappe di vulnerabilità; sarebbe importante indagare sul grado di disomogeneità del massiccio, eseguire analisi continuative sull’eventuale presenza di elementi inquinanti e registrare l’andamento annuale della loro concentrazione, ecc…
Sarà interessante anche effettuare una rilevazione delle portate medie annue dei torrenti sotterranei con l’installazione di strumentazione specifica (idrometrografo) come è stato realizzato dal G.G.S.-C.A.I. nel Buso del Vento di Monte Magre per conto dell’Amministrazione Comunale di Schio. Sarà importante ancora raccogliere informazioni sull’andamento delle piene sotterranee (regime, portate e durata) in relazione al volume delle precipitazioni, anche per capire il grado di pericolosità delle piene stesse per gli speleologi impegnati nelle esplorazioni.

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