PRO.RA. Progetto Radon

PRORA – PROgetto RAdon
A cura della Commissione Scientifica del G.S. GEO CAI Bassano
Tratto da BUIO PESTO 2002-2006

Nuova iniziativa tecnico scientifica da parte del Gruppo Speleologico Geo CAI Bassano.
Dopo alcuni mesi di studio e preparazione, il giorno 19 Aprile 2006, in collaborazione con l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale di Vicenza (ARPAV), è partito il progetto per la determinazione della radioattività naturale nelle grotte e cavità artificiali.
Scopo della prima parte di questo progetto, denominato PRORA (PROgetto RAdon), è la messa a punto di tecnologie, procedure e sistemi di misura, idonei per la determinazione del gas radioattivo Radon (Rn-222) nelle acque, nel suolo e nell’aria delle cavità sotterranee.
La località scelta per questa prima parte del progetto è il “Buso della Rana”, importante e nota cavità naturale sita nel comune di Monte di Malo (VI).
La prima uscita è stata fatta il giorno 19 Aprile 2006, dalle 10.00 alle 16.00.
Capo della spedizione l’arch. Franco Gramola.


Il gruppo di lavoro PRO.RA. all’ingresso della Rana

Durante l’uscita sono stati posti all’imbocco del sifone, a circa 250 metri dall’entrata, 4 misuratori di radioattività (elettreti) che sono rimasti nella grotta per venti giorni, mentre è stata effettuata una misura di radioattività in continuo (camera di ionizzazione Alfagard). Misure ambientali di temperatura, umidità relativa, pressione atmosferica e ventilazione sono state effettuate per determinare in maniera accurata i parametri ambientali della grotta e del punto scelto per la misura.
Sono stati prelevati anche due campioni di acqua per la determinazione della radioattività presente.
I risultati delle analisi saranno resi pubblici entro il mese di giugno 2006 e messi a disposizione agli enti interessati, ai gruppi speleologici coinvolti e alle persone che ne faranno richiesta al sito del Geo CAI Bassano (info@geocaibassano.it).
Il Radon (222Rn) è un gas radioattivo naturale, inodore e incolore, prodotto dal decadimento alfa del Radio (226Ra) che a sua volta diventa, dopo aver emesso una particella alfa, Polonio (218Po). In queste trasformazioni nucleari una sostanza solida (226Ra) presente nel terreno diventa un gas (222Rn) e, trasformandosi ulteriormente, ridiventa solido (218Po).
Esistono anche altri isotopi del Radon-222, ma questo rappresenta più del 99% del Radon presente nell’ambiente.
Il Radon è una delle principali sorgenti di radioattività naturale, ed è responsabile di quasi la metà dell’esposizione media della popolazione mondiale alle radiazioni ionizzanti, che, con la loro alta energia, possono danneggiare i tessuti dell’organismo.
Una volta formato, il Radon decade dando origine a tutta una serie di altri elementi radioattivi chiamati prodotti di decadimento o figli del Radon.
Il Radon, prodotto all’interno delle rocce, in presenza di fessure o aperture, in quanto gas tende a fuoriuscire, diluendosi nell’atmosfera concentrandosi negli ambienti chiusi e poco ventilati.
Associandosi al vapore acqueo e al pulviscolo atmosferico, il Radon e i suoi prodotti di decadimento sono trasportati all’interno dell’apparato respiratorio. Raggiunti i bronchi e i polmoni, queste sostanze continuano a decadere, emettendo particelle ad alta energia, che possono danneggiare i tessuti e provocare l’insorgere di gravi patologie all’apparato respiratorio e al sangue.
Allo stato attuale l’unico effetto sanitario associato all’esposizione al Radon è un aumento di rischio di sviluppo del cancro polmonare.
Non sono note al momento altre patologie connesse alla presenza del Radon, anche se alcuni sostengono che una delle cause di morte avvenute fra gli scopritori delle antiche tombe egizie (la maledizione dei faraoni) sia in qualche maniera associabile alla presenza di elevate concentrazioni di Radon.
Nel 1988 è stato classificato dallo WHO/IARC come un agente cancerogeno di gruppo 1: è il secondo agente di rischio di tumore polmonare, dopo il fumo di tabacco.
La soglia per l’esposizione al Radon negli ambienti di lavoro, è stata fissata dalla normativa italiana (Decreto legislativo 26/05/00, n. 241) in 500 Bequerel per m3.
Non esiste invece in Italia una normativa specifica, per le abitazioni e gli ambienti diversi dal lavoro, ma è stata recepita una raccomandazione della Comunità Europea (Raccomandazione CEC 90/143), che indica in 400 e 200 Bequerel per metro cubo, rispettivamente per le abitazioni già esistenti e per quelle di nuova costruzione, i valori oltre i quali si suggerisce di intraprendere azioni di rimedio e bonifica.
L’unità di misura della concentrazione di Radon, secondo il Sistema di Unità Internazionale (SI) è espressa in Becquerel per metro cubo (Bq/ m3).


Analisi in continuo presso il sifone

Il punto cruciale del progetto avviato è l’individuazione di strumenti e procedure idonei alla misura della radioattività nelle grotte.
I dispositivi più utili per misure lunghe, semestrali o annuali, sono i dosimetri passivi basati su rivelatori a tracce, che danno come risultato una concentrazione media nel tempo di Radon. Non sono disponibili ancora linee guida su come eseguire le misure nei luoghi di lavoro ai sensi del Dlgs. 241/2000, che tuttavia prevede che le misurazioni possano essere effettuate anche da subito, attraverso il ricorso a organismi idoneamente attrezzati (ARPA). Anche per i luoghi di lavoro (come indicato dalla normativa) la misura deve essere fatta per un periodo di un anno. In questo caso, inoltre, può essere utile integrare le misure di lunga durata con analisi di tipo istantaneo che seguono l’andamento della concentrazione di Radon in modo continuo, per valutare l’esposizione durante le ore di permanenza rispetto alle ore in cui gli ambienti non sono frequentati. In questi casi si utilizza una strumentazione che fornisce i risultati sul posto di misura.
I dosimetri, sono posizionati all’interno degli ambienti, attivati e lasciati in esposizione.
Come prima parte del progetto sono stati scelti i dosimetri elettreti che sono costituiti da un disco di materiale plastico caricato elettrostaticamente. L’elettrete è un disco di teflon che mantiene un potenziale elettrostatico stabile. Il disco è inserito in un contenitore delle dimensioni di una tazza di caffè. Quando il Radon entra nel contenitore e sono emesse le radiazioni queste ultime producono nell’aria delle coppie di ioni positivi e negativi. Gli ioni positivi sono attratti dal campo elettrico e si depositano sulla superficie dell’elettreta neutralizzandone in parte la carica originaria. Dalla differenza di carica tra l’inizio e il termine della misura si risale all’esposizione al Radon.
I principali limiti dell’ elettrete sono che il potenziale elettrostatico del disco di Telfon risente dei campi elettromagnetici locali e che la discriminazione della radiazione alfa da quella gamma richiede una particolare procedura. Con questi strumenti è possibile effettuare misure di varia durata, da poche ore fino a un anno.
Esistono anche altri rilevatori passivi che verranno testati in un secondo tempo. In particolare i rivelatori “a tracce” sono costituti da un foglio di materiale organico speciale, tipicamente nitrato di cellulosa (LR115) o polialli diglicol carbonato (CR39), che interagisce con le emissioni alfa del Radon e della sua progenie, riportando tracce sufficientemente profonde sulla propria superficie. Terminata l’esposizione, il rivelatore è rimosso dall’apposito contenitore e trattato chimicamente per evidenziare le tracce lasciate dalle particelle alfa, che vengono quindi contate. Dalla conoscenza del numero di tracce, del tempo di esposizione e del fattore di calibrazione del sistema si determina la concentrazione media di Radon durante l’esposizione del rivelatore.

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