Studio idrogeologico: geologico2

2.4 Idrografia

Osservando la rete idrografica del rilevo collinare fra Monte di Malo e Comedo Vicentino (fig. 1) si nota subito come questa sia assente o lacunosa nella zona dell’altopiano sommitale mentre prenda consistenza alle sue pendici orientandosi verso il corso dell’Agno e del Giara. La direzione delle valli principali che incidono il massiccio è, ad oriente, E-W con oscillazioni verso WSW-ESE e direzione normale a quella del torrente Giara, sul versante I della Valle dell’Agno è invece N-S e NE-SW. Alla sommità dell’altopiano persistono tracce di antichi tronchi vallivi in parte abortiti per carsismo e fenomeni di cattura in cui appaiono distinguibili lineamenti NNE-SSW (Val delle Lore) e NNW-SSE (Maistri-Campipiani).

Il regime di questi corsi d’acqua appare tipicamente torrentizio sia per le ridotte dimensioni dei singoli bacini sia per la natura carsica di molte sorgenti che alimentano il reticolo idrografico. Si hanno così variazioni di portata estreme: dalle piene autunnali e primaverili concomitanti con le precipitazioni e lo scioglimento delle nevi si passa alle magre estive che lasciano asciutti gran parte degli alvei.

Per evidenziare questo regime si riportano alcuni dati relativi alla portata del rio Rana misurata poco prima della sua confluenza nel Giara (tab. 1).

Unici alvei permanentemente attivi sono quelli della Val Prà Longhi, Val Grande e Val Pizzolone, sul versante di Monte di Malo; del rio Rana e del suo affluente che scende da Priabona, del torrente Poscola e di qualche altro corso minore che scende da Cereda, sul versante orientale, del Rio Barco del Rupiaro e del Rupiaretto sul versante di Cornedo.

 

Portate del rio Rana presso la stazione idrometrica di Malo

(dati inediti di L.Pretto responsabile della linea di ricerca AIM di Vicenza)

Data                Q    mc/sec

02.01.80                     0.158
29.11.79                     0.114
16.11.79                     0.845
14.11.79                     0.001    (1)
08.11.79                     0.130
05.11.79                     0.193
03.11.79                     0.003
30.10.79                     0.583
29.10.79                     1.198
26.10.79                     0.258    (2)
19.10.79                     1.175    (2)
08.10.79                     0.142    (2)
27.09.79                     1.016    (2)
27.08.79                     0.022
23.08.79                     0.002    (1)
12.08.79                     0.005
17.07.79                     0.053    (2)
04.07.79                     0.204    (2)
22.06.79                     0.121    (2)
12.06.79                     0.034
31.05.79                     0.062    (2)
03.04.79                     0.976    (2)

(1) Dati stimati non rilevati strumentalmente
(2) Dati estrapolati da quelli rilevati nella Val Tessera
Tab. 1

 

Il massiccio del Faedo-Casaron nel suo complesso appare poco intagliato da valli ma caratterizzato da un’intensa circolazione carsica con ampie depressioni (uvala) costellate da numerose doline che drenano in profondità le acque meteoriche. La spiccata azione di richiamo verso i reticoli ipogei appare evidente soprattutto dove mancano i riempimenti residuali sul fondo delle doline e quando queste depressioni sembrano evolvere in cavità imbutiformi con la messa a nudo della roccia sottostante.

Il drenaggio ipogeo si svolge fino al sottostante livello di base del carsismo costituito dalle formazioni impermea­bili delle vulcaniti basaltiche. Gli esutori carsici, che permettono la venuta alla luce delle acque ipogee, hanno quindi le caratteristiche delle classiche sorgenti di contatto. Nel complesso all’interno dell’altipiano persistono solo brevi linee di impluvio lungo la Valle delle Lore e in corrispondenza di piccole sorgenti carsiche legate a livelli marnosi presenti localmente nel complesso carbonatico. Queste acque hanno un percorso superficiale limitato in genere a pochi metri e vengono facilmente riassorbite in profondità.

Più evidente è il ruscellamento lungo i versanti dell’altopiano in genere molto acclivi e che appaiono incisi in più punti da linee di impluvio che però si attivano solo in periodi di forti precipitazioni.

Procedendo da nord verso sud e da ovest verso est, tralasciando la Val delle Lore, di cui abbiamo già detto, tra il M. Soglio e contrà Casare il versante appare inciso da due solchi vallivi (0.421 kmq) il maggiore dei quali costituisce al Val Segato. Quest’ultima si attesta presso una piccola sorgente, a quota 600 metri, discendendo per circa 250 metri fino sul terrazzo di Monte di Malo, da qui , con un gomito di circa 120 gradi si immette nella Valle Pizzolone alimentata dalle acque della sorgente Zaini.

La Val Pizzolone, diretta E-W, sembra aver catturato e rovesciato verso oriente l’incisione della Val Segato che doveva proseguire in direzione dell’attuale centro di Monte di Malo.

Procedendo verso sud, lungo il versante orientale del Monte Casaron, si incontra la valle del rio Rana attestata sotto alte pareti di roccia che costituiscono il vano d’ingresso del principale sistema carsico dell’altopiano. La cavità, nota come Buso della Rana, si attiva nei mesi più piovosi ma, 20 metri sotto al suo ingresso, esiste una perdita della stessa che ha un regime perenne (sorgente di Santa Lucia).

Poco oltre un’incisione discende da Casare di Sotto e, superata contrà Marchiori Beati, a circa 600 metri dall’ingresso del Buso della Rana si trova un nuovo esutore carsico. Anche in questo caso la cavità funziona “da troppo pieno” e le acque perenni sono captate da un acquedotto che si trova poco più sotto.

Proseguendo verso Priabona, poco sotto il Passo, a quota 240 metri, si trova un’altra sorgente carsica stabilita al contatto fra le marne di Priabona e i basalti sottostanti (sorgente Abi). Risaliti sul Passo alla testata del Poscola si giunge ad una nuova valletta di arretramento sul fondo della quale si apre la Grotta della Poscola. E’ questo il secondo sistema carsico che drena l’altopiano del Faedo-Casaron. Le acque che fuoriescono dalla grotta sembrano in relazione con quelle della sorgente Abi che ha in parte catturato e rovesciato verso il bacino del Giara le idrologie del torrente Poscola (FABIANI, 1904; BARTOLOMEI, 1957).

Proseguendo verso sud si incontra la Valle Faeda (1.244 kmq) che risale da quota 245 metri verso la conca Faedo-Milani; essa in origine doveva essere orientata da contrà Stefani verso Campipiani di Sopra e Canove. L’approfondimento della Val Poscola, legato alla circolazione carsica nell’altopiano, ha rovesciato l’idrografia di questa valle che mostra un tipico gomito di cattura.

Lungo la strada per il valico di Priabona, sotto contrà Xotta, è stata localizzata un’altra importante sorgente carsica in relazione con la vicina conca dei Campipiani che la sovrasta di 80-100 metri. Anche all’estremità sud-orientale del M. Nudo si trova un gruppo di sorgenti che mostra il regime degli esutori carsici con sensibili variazioni di portata che giungono ad innescare una sovrastante cavità che funziona da “troppo pieno”.

Sul versante di Cereda sono presenti altre sorgenti connesse con cavità carsiche. Il ruscello che fuoriesce dalla Grotta dell’Acqua, fino a pochi anni fa captato per servire il locale acquedotto costituisce la principale sorgente della zona. Poco più ad ovest, risalendo il versante di circa 50 metri, si giunge alla Grotta del Cameron esutore che diventa attivo solo a seguito di abbondanti precipitazioni.

Sul versante occidentale dell’altopiano, una prima valletta carsica risale verso Aspromonte (Val Alta, 0.198 kmq), quindi nel tratto fra contrà Piccoli e Battilana, gli alvei attivi risalgono il versante fino a quota 400 metri in relazione ai substrati impermeabili (brecce diatremiche) qui presenti e attestandosi presso alcune piccole sorgenti. Più oltre tra contrà Baisocchi e Crestani, si trovano altre sorgenti che hanno come struttura acquifera il corpo di frana sovrastante e la falda detritica. Si tratta principalmente della sorgente Sengio Longo e della sorgente Prà Capei situate rispettivamente 150 e 300 metri sotto il margine occidentale dell’altopiano; entrambe risultano captate da acquedotti.

Altre sorgenti, con portate più modeste si trovano più a nord, sempre sotto il margine dell’altopiano, tra contrà Cerati e Bassani.

 

2.5 Stratigrafia

 

2.5.1 Inquadramento generale

La dorsale collinare fra Malo e Valdagno è essenzialmente costituita da un’alternanza di formazioni sedimentarie intervallate da potenti effusioni laviche e vulcanoclastiche. Tutta la serie è attraversata in discordanza dai camini di adduzione delle colate basaltiche e dai necks esplosivi oligocenici che chiudono l’attività vulcanica della zona. Sul versante occidentale del M. Faedo, presso Valdagno, la serie sedimentaria inizia con i termini appartenenti alla formazione del Biancone, affioranti sul fondovalle (BARBIERI et al., 1980). Sul versante opposto, sotto Monte di Malo a Marola il margine del rilievo è costituito dalla Scaglia rossa. Risalendo la serie si giunge attraverso le unità del Paleocene e dell’Eocene, alle calcareniti oligoceniche che troviamo costituire la parte sommitale del rilievo.

La zona studiata nel presente lavoro comprende la fascia centrale del rilievo collinare dove la serie sedimentaria inizia con i “Calcari nummulitici” dell’Eocene medio e prosegue con la formazione delle Marne di Priabona e delle Calcareniti di Castelgomberto rispettivamente di età eocenico superiore ed oligocenica. Va detto, a proposito dell’età delle formazioni, che il rilevamento è stato condotto su basi litostratigrafiche riferendosi per la cronologia ai numerosi lavori esistenti in bibliografia e manca una precisa datazione, possibile solo con, considerazioni di tipo micro-paleontologico.

Grande diffusione hanno nell’area di rilevamento le rocce vulcaniche e vulcanoclastiche, riferibili per lo più alla parte superiore dell’Eocene medio, ma talora di età eocenico inferiore, oligocenica e, dubitativamente, miocenica. Come è noto queste manifestazioni, riferibili al ciclo eruttivo basico dei Berici e della Lessinea, sono iniziate nel Paleocene spostandosi progressivamente da ovest verso est fino ad esaurirsi nel Miocene (PICCOLI, 1968).

Nella fase eruttiva principale, dell’Eocene inferiore e medio, i prodotti emessi sono rappresentati soprattutto da colate basaltiche e da brecce di esplosione deposte in ambiente marino. Nel tardo Eocene l’attività diventa subaerea con basalti scoriacei e ossidati in corrispondenza delle superfici di colata e testimoniata anche dalla presenza di livelli carboniosi a dimostrazione dell’instaurarsi di condizioni palustri nei momenti di stasi delle effusioni.

Verso la fine dell’Eocene si assiste ad una stasi del vulcanismo  mentre in tutta l’area si verifica una ingressione marina che ricopre la regione precedentemente emersa. Solo durante l’Oligocene e forse la fine del Miocene si assiste ad una ripresa delle manifestazioni vulcaniche che nell’area del Faedo-Casaron sono testimoniate da numerosi camini di basalti e dai necks che tagliano le Calcareniti oligoceniche.

 

2.5.2 Formazioni sedimentarie

 

2.5.2.1) Calcari nummulitici

età: Eocene medio – Eocene inferiore

I calcari nummulitici sono costituiti da litotipi relativamente compatti ed omogenei che affiorano solo marginalmente nella zona studiata. Nella località Perinello, sul fondovalle a nord-ovest di Comedo Vicentino, questi calcari sono ben esposti soprattutto in corrispondenza di una vecchia cava con un fronte di una quindicina di metri. L’affioramento costituisce l’estremità di una fascia piuttosto estesa che è possibile seguire più a nord fuori dell’area della tavoletta. La base dell’affioramento è coperta da alluvioni e detrito di discarica e solo superiormente è visibile il limite della formazione, coperto da basalti di colata. Nella cava di Perinello si può distinguere una biocalcarenite massiccia, notevolmente compatta, dal colore biancastro particolarmente ricca di nummuliti. La stratificazione si fa più evidente nella parte alta dell’affioramento dove gli strati hanno uno spessore di pochi centimetri; sul fronte della vecchia cava si osservano anche sottili intercalazioni di rocce vulcanoclastiche stratificate a grana fine. La stessa unità è presente in un secondo affioramento che si trova a nord di contrà Mondini di Sopra e che si sviluppa per una potenza di circa 25 metri. I calcari nummulitici sono all’estremità superiore in contatto tettonico con i basalti di colata mentre un’altra faglia tronca l’affioramento più ad est. Rispetto all’affioramento precedente non si osservano sostanziali differenze a parte forse un minor contenuto in nummuliti e una stratificazione più regolare.

2.5.2.2) Marne di Priabona

età: Eocene superiore (Priaboniano)

Questa unità è costituita essenzialmente da marne tenere fogliettate, marne a briozoi e calcari marnosi giallastri deposti in ambiente neritico. La zona costituisce l’area tipo per il Priaboniano ed è stata oggetto di numerosi studi; riferendosi in particolare a quelli di PICCOLI e MOCELLIN (1962) e di PICCOLI MASSARI DEGASPERI (1968) che permettono di inserire bene gli affioramenti del versante orientale del Faedo-Casaron (fig. 3) le Marne di Priabona possono essere suddivise nelle seguenti tre unità:

 

2.5.2.3) Conglomerato del Boro od Orizzonte a “Cerithium diaboli”

Questo termine è costituito da un conglomerato trasgressivo a ciottoli basaltici molto ricco di fossili, soprattutto lamellibranchi e gasteropodi, frammisto ad una matrice sabbiosa minuta. Lo spessore è variabile tra i 3 e i 5 metri. Oltre all’affioramento classico della serie Boro-Granella, che si trova poco fuori dell’area rilevata, questo termine affiora solo poco sotto il passo di Priabona, nei pressi della sorgente Abi. In questa località la base dell’affioramento è mascherata dal detrito ma presumibil­mente è costituita da basalti in analogia con quanto si osserva nella vicina località del Boro.

 

2.5.2.4) Arenarie a lamellibranchi con Ostrea, Anomia e chele di Crostacei

Si tratta di arenarie leggermente marnose, giallastre più o meno friabili che raggiungono una potenza di circa 6 metri con una associazione macrofaunistica che non differisce sostanzialmente da quella del livello sottostante.

Esse affiorano alla sorgente Abi, dove è visitale il con tatto con il sottostante conglomerato trasgressivo, ed appaiono pure in uno sbancamento a lato della strada tra Priabona e Monte di Malo, poco prima di giungere sul ponte sul rio Rana. In quest’ultimo affioramento le arenarie poggiano direttamente sui basalti di colata; il contatto appare molto irregolare con solcature decimetriche nelle vulcaniti, fortemente alterate, riempite da materiale sedimentario.

Questo termine affiora anche poco più a nord lungo l’incisione del rio Rana nei pressi dell’imboccatura della grotta.

 

2.5.2.5) Calcari e marne a nummuliti, Operculine e Discocicline, marne argillose a Briozoi

Si tratta dell’unità più diffusa all’interno della formazione e che comprende numerosi tipi litologici: calcareniti, calcari marnosi e marne nodulari giallastre o grigiastre più o meno compatte in genere ricche di fossili (fig. 3). La potenza dell’unità raggiunge gli 80 metri, ma i singoli tipi litologici mostrano un’estrema variabilità di spessore nelle varie località di affioramento. Procedendo da sud verso nord troviamo questa unità affiorare all’estremità sud-orientale del Monte Nudo, lungo la strada per il passo di Priabona e lungo quella che collega quest’ultima località con Campipiani, nella Val Faeda, al passo di Priabona, nella cava di detrito presso case Brunello, all’imboccatura del Buso della Rana e allo sbocco della Val Segato presso contrà Zaini.

 

2.5.2.6) Calcareniti di Castelgomberto

età: Oligocene -Priaboniano ?

Le Calcareniti di Castelgomberto costituiscono la formazione sedimentaria che si trova più rappresentata nell’area studiata; esse costituiscono infatti tutto il nucleo sommitale del Faedo-Casaron comprendendo la zona dove appaiono più evidenti le morfologie carsiche.

La formazione è caratterizzata da numerose litofacies e proprio sul Monte Faedo il FABIANI (1915) vi riconosce tutte quelle tipiche dell’Oligocene vicentino. Alla base sono frequenti intercalazioni marnose ed arenaceo-marnose che sono forse eteropiche con quelle delle Marne di Priabona (BARBIERI et al., 1980); nella parte medio-superiore della serie sembrano prevalere calcari bioclastici e nulliporici mentre verso il tetto della formazione, che raggiunge uno spessore di circa 200 metri, ricompaiono in tercalazioni marnose nodulari. I calcari bioclastici, che costituiscono il litotipo prevalente, si presentano per lo più in grosse bancate ma talvolta possono essere anche sottilmente ed irregolarmente stratificati.

In alcune località possono prevalere calcari molto ricchi di nummuliti come alla sommità del Monte Verlaldo o del Monte Stommita.

Lungo la strada che da contrà Crestani conduce a contrà Mieghi, poco prima di risalire il margine dell’altopiano si può osservare un’interessante sequenza costituita da un’alternanza di marne arenacee di color grigio verdastro e di strati biocalcarenitici a marcata stratificazione incrociata.

In tutto il settore occidentale del Faedo-Casaron le Calcareniti di Castelgomberto poggiano direttamente su basalti subaerei del tardo Eocene medio in probabile eteropia di facies con le marne priaboniane del versante orientale. Quest’ultime vanno assotigliandosi procedendo sia a nord che a sud di Priabona ed anche nei reticoli ipogei del Buso della Rana è possibile rilevare la stessa situazione e, a poche centinaia di metri dall’ingresso, le unità oligoceniche poggiano direttamente sulle vulcaniti.

Questo contatto, mascherato spesso da un’estesa falda detritica, rimane comunque osservabile in alcuni affioramenti nei pressi di contrà Cima e a nord di Crestani o ad esempio presso Piccoli sul versante del Verlaldo; esso si presenta fortemente irregolare e mostra nei primi centimetri dell’unità carbonatica dei piccoli inclusi provenienti dal substrato basaltico.

L’età di questa formazione, che comprende tutto l’Oligocene, va estesa dunque al Priaboniano qualora resti con fermata l’eteropia con le Marne di Priabona.

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