Racconto di Sandro Sedran, scritto poco dopo gli eventi del 17 Gennaio 2004 (quando faceva parte del Gruppo Speleologi CAI Malo) e dimenticato in una cartella dell’hard disk.
Al meeting nazionale di speleologia, Montello 2002, la mostra del Gruppo Grotte Schio sul Buso della Pisatela mi aveva decisamente impressionato: 6 km di sviluppo a monte del Ramo Nero della Rana e pochi millimetri sul rilievo che separano le due grotte! Era ovvio che mi venisse una gran voglia di farci una visita, ma per vari motivi non avevo mai preso una decisione in tal senso anche, forse, per timore di dover entrare nella “tana del lupo”!
A fine dicembre 2003 entro in contatto con Maria Grazia Lobba, ex scledense emigrata a Roma per amore, con l’intenzione di andare insieme in Rana a visitare il Ramo dei Sabbioni, novità per entrambi. I fatti hanno voluto che in Rana non ci andassi perché ammalato, ma i colloqui con MG mi hanno consentito di entrare in contatto con Cesare Raumer, uno dei “papà” della Pisatela.
A fine dicembre la svolta grazie ad un campo in fondo al Ramo Nero del GSM: la squadra, intenta negli scavi nella frana della sala Ultima Spiaggia, viene chiaramente udita da quelli di Schio sul fondo della Pisatela! Alla riunione fra i gruppi che ne segue, viene deciso di organizzare un’uscita congiunta nelle due grotte per stabilire un nuovo contatto ed avere maggiori informazioni sulla situazione. Non mi pare vero e subito mi offro volontario per entrare con la squadra destinata alla Pisatela.
L’uscita è programmata per sabato 17 gennaio con appuntamento al fondo per le 15:30. So per certo che finalmente conoscerò Cesare Raumer. Mi metto d’accordo con Iko sugli orari e faccio presente che devo essere assolutamente fuori per le 20 perché devo tornare a casa in tempo per sistemarmi ed andare poi in discoteca con mia moglie Simona. Per questo fatto mi becco subito il nomignolo di “Cenerentolo inverso”! “Inverso” perché devo scappare per andare a ballare invece che per andare a casa!
Arrivo in anticipo a casa di Iko e mi aggrego con un bicchiere di rosso all’allegra famigliola che sta terminando il pranzo.
“Ciò? Ma ‘sto can me par più ciompo del soìto?!”
Non l’avessi mai detto! I figli di Iko subito a darmi man forte nell’aver toccato, a quanto sembra, un tasto dolente nella quiete familiare. Subito la Gaetana chiarisce a modo suo la questione (azz…ho lasciato a casa i tappi per le orecchie!):
“Cossa disituuu…?! No’ ti vedi che xe parchè ieri ghe gò fato el sciampoo? Se gà gonfià tuta a peicia, ’gnoranti che no sì altro!!”.
“Altro che sciampoo, ti ghe dà massa da magnare! Ti ‘o riempi de sbrodeghi!”
“Tasiii…no xe vero niente!”
E mentre si continua con la discussione la Gaetana taglia un pezzo di formaggio e lo consegna amorevolmente al cane!
“Vardaaa… apena dìto!” esclama il figlio.
E la questione muore lì perché tanto, si sa, la Gaetana ha sempre ragione!
Vengo a sapere che, oltre ad essere oltre due anni che Iko non va in grotta, soffre anche di diabete e la sua premurosa moglie si raccomanda con me:
“Ciò? Sandro? Varda che se ghe sucede qualcosa a Iko mentre xì soto, daghe pure el colpo de grasia, va ben?”
Mitica Gaetana! E non è finita: “Sta ‘tento che Iko e Cesare i gà un vizieto: i xè morosi e credo proprio che Iko fassa a parte dea dona!”
“Noo… Femo una volta par omo!” ribatte Iko.
“Behn, eora domandaghe a Cesare a chi ghe toca oggi! Ricordate!”
Caffettino (corretto naturalmente!) e partiamo. Dobbiamo ancora uscire dal centro di Malo che Iko si accorge di non aver caricato il sottotuta; dietrofront e prendiamo al volo l’indumento.
Arriviamo con 5 minuti di ritardo al Feo e troviamo Flaviano Masetto e Cesare Raumer già intenti nella vestizione. E’ con immenso piacere che faccio la conoscenza di entrambi. Con Cesare c’era stato uno scambio di messaggi via e-mail e l’attesa di un incontro faccia a faccia era molto sentita. Subito si dimostra una persona simpaticissima e, spalleggiato dal suo compagno, subito se ne esce con una dichiarazione:
“Sandro? Varda che noialtri gavemo un bruto vizio, me sa che te convièn star davanti!”
Memore di quanto mi aveva detto la Gaetana ribatto: “Davanti? Eh no ciò! Xe mejo che staga dadrìo, caro!”
“Dadrìo? Ah sì, ti gà ragion, adesso l’aria tira in dentro!”
“L’aria!? Ma cossa centra l’aria? …… “. Porca miseria! Ne hanno due di vizietti questi!!!
Siamo un po’ tutti emozionati: stiamo vivendo un momento storico nelle relazioni fra i due gruppi. Si tratta della riappacificazione ufficiale tra GSM e GGS dopo un lungo periodo di astio e dispetti nei confronti della parte avversaria culminati nella chiusura con cancello dell’ingresso della Pisatela da parte di Schio e poi fatto saltare, dopo neanche un mese!, da Malo (era l’anno 2000). Siamo fieri e felici di andare in grotta insieme e speriamo che questo sia l’inizio di un bel periodo di collaborazione che non potrà che dare grandi risultati.
Ci incamminiamo lungo la stradina che conduce sul bordo della dolina dove si apre l’ingresso della grotta. Iko ricorda i tempi in cui si faticava non poco a percorrere il rettilineo cunicolo iniziale: ora sarà largo almeno cinque volte tanto! Cesare fa strada, segue Iko, io e Flaviano. Dopo i primi dieci metri parte la prima “bordata” di Iko a cui prontamente risponde Cesare tra l’ilarità generale. Per fortuna si tratta di un’ingresso basso e l’aria d’inverno entra: sono al sicuro!
Ci caliamo in sequenza nel P6, il P9 ed il P15 mentre ascoltiamo tutti gli eventi verificatesi in quei tratti di grotta durante le fasi esplorative, compreso il grande mal di testa che ha preso Flaviano nel momento in cui, per primo, si è calato nella Galleria Emicranica. Risaliamo agevolmente su pioli e staffe i 6 metri che portano al by-pass sulla parte fossile superiore e, dopo alcuni passaggi in contrapposizione, ci caliamo nell’immensa Sala dell’Orda. E’ enorme! E’ ancora più grande del Camerone della Lavina nel Ramo Principale della Rana, alto una decina di metri e con il fondo ingombro di massi di crollo.
Da qui in avanti non serviranno più gli attrezzi per la progressione verticale e ci fermiamo a depositarli. Cesare, senza farsi vedere, lancia un “magnum” nel mezzo della sala: dopo pochi secondi un boato incredibile fa pigliare un colpo a Iko che non si era accorto di nulla. Una bomba amplificata dall’enorme vano sotterraneo che gli ha fatto da cassa di risonanza: per un attimo ho pensato “…adesso ci crolla tutto in testa!” Ci guardiamo un po’ intorno e poi dirigiamo verso il bordo della sala dove una grande determinazione nello scavo attraverso i macigni ho regalato agli scledensi 5 km di “grotta pulita” senza più dover “dar fuoco alle polveri” per aprirsi la strada. Cesare spiega anche come fosse ovvio che scavando in quel punto sarebbero stati certi di trovare la prosecuzione, ma io non riesco a capirci niente “boh? Varda robe che gò ‘ncora da imparar!”.
Appena entrati nella galleria sottostante urlo la stessa cosa che hanno pensato i primi a giungere qua: “Ma questo è il Ramo Nero della Rana!!” Le caratteristiche sono esattamente le stesse: pareti nerastre, ramo attivo, dimensioni ed andamento identici. Che premio meraviglioso per tutti gli sforzi fatti dagli esploratori per arrivare fin qui.
Ci attendono gli stivaloni ascellari da pescatore: siamo all’inizio del mitico Stargate di cui tanto avevo sentito parlare a proposito dei “numeri” compiuti da coloro che lo hanno attraversato (gente in mutande e stivali con i vestiti impacchettati sopra la testa, bagni memorabili, cadute rovinose, tentativi di passare senza bagnarsi!). Togliamo i nostri stivali e, assieme ai sacchi personali, li mettiamo nelle “barchette” che altro non sono che bidoni di plastica sezionati a metà dotati di comode maniglie in corda per facilitarne il trasporto e che galleggiano ottimamente sull’acqua facilitando la progressione nel tratto allagato. Presto l’acqua arriva al bacino; ci fanno notare quale fosse il livello dell’acqua appena scoperto questo tratto, almeno trenta centimetri superiore, e come avesse mascherato la piccola luce d’aria, nascosta dietro ad una lama rocciosa, che ha consentito di scoprire la parte a valle della grotta. Superiamo anche questo passaggio con l’acqua che arriva al petto ed a stento non penetra all’interno degli stivaloni. La pressione dell’acqua stringe uniformemente fornendo una piacevole sensazione tutto intorno al corpo dal sapore quasi erotico (maschi: pensate a quando fate sesso ed il “coso” è dentro ed è avvolto dalla “cosa”; ecco immaginate la stessa sensazione ma su tutto il corpo!). Ma continuiamo, che è meglio! Un altro passaggio allagato con la volta bassa e poi una distesa di sabbia preannuncia una cosa impensabile per le grotte della nostra zona: la Sala delle Mogli, un immenso salone, grande? Di più! Enorme! Cammini lungo il greto del torrente ed hai il nero più assoluto in tutte le direzioni: davanti, dietro, ai lati, sopra! Che spettacolo. Flaviano tira fuori da una nicchia nella parete una bottiglia di spumante che attende da qualche anno di festeggiare l’unione con la Rana e ci racconta come quella distesa sabbiosa fosse talmente invitante da averci costruito sopra un comodo bivacco; peccato che dopo un po’ di tempo non l’abbiano ritrovato incastrato sopra delle rocce più avanti, spazzato via da una piena!
Tolti gli stivaloni, attraversiamo il salone e riprendiamo la galleria attiva: un bel laminatoio allagato, largo circa cinque metri ma che costringe ad avanzare piegati per un lungo tratto rettilineo. Poi imbocchiamo uno spettacolare meandro d’erosione, passiamo l’arrivo del Ramo Carnevale, ed arriviamo finalmente alla frana terminale alla cui base s’infila tutta l’acqua del ramo.
Facciamo base nella saletta appena oltre; a sinistra si arriva dopo qualche metro all’interno della frana dove il GGS aveva iniziato a scavare desistendo a causa della pericolosità dell’azione. Verso alto, una pseudo-scaletta conduce in un meandro ascendente la cui forte corrente d’aria aveva fatto sperare agli scledensi di poter aggirare la frana e li aveva quindi impegnati in un avanzamento a son di allargamenti forzati.
Sono le 15 e 30: l’ora dell’appuntamento. Ci infiliamo nel cunicolo sotto la frana e notiamo che dai sassi proviene chiaramente una nuvoletta di vapore. Disteso in silenzio riesco a sentire un picchiettare sulla roccia in lontananza mentre osservo i massi incastrati sopra la mia testa che sembrano sorreggere la volta per miracolo.
Decidiamo di tentare il collegamento via radio senza riuscire a sentire niente; neanche il tipico fruscio di fondo, silenzio assoluto. Cesare, sperando di farsi sentire meglio, urla con tutte le sue forze sulla radiolina tanto che sembra più facile che sentano la sua voce dal vivo piuttosto che dall’apparecchio!
“Pissy chiama Rana, Pissy chiama Rana, mi sentite?”
“Pisatela, chiama Rana, Pisatela chiama Rana, passo.”
“Qui Pisatela: Ranaaaa mi sentite? Passo!”
“Ma zio porco! Prontoooooo!! C’è nessunooooo? Vaff….!!!!” Ed incazzatissimo frena l’istinto di sfracellare la radiolina sulla roccia!
Tenteremo inutilmente più volte, anche su ogni canale, di stabilire un contatto, ma forse ci vorrebbero delle ricetrasmittenti ad onde lunghe.
Passiamo quindi alle maniere forti: lanciamo un petardo in fondo al cunicolo in frana e ci tappiamo le orecchie nell’attesa del botto. La deflagrazione genera uno spostamento d’aria che fa spegnere le fiammelle del casco ad entrambi. Dopo un minuto ecco la risposta dal Ramo Nero! Il rumore è molto contenuto, soffocato da chissà quante tonnellate di roccia della frana che ci separa. Poi noi di nuovo noi e poco dopo la risposta. Non sono tanto vicini, ma gli spazi vuoti all’interno della frana potrebbero fare da assorbimento nella propagazione dei rumori.
Che emozione: il secondo ingresso della Rana! Finalmente ci siamo, dopo decenni di tentativi la perseveranza e la pazienza hanno dato i loro frutti. Dovremo solo aspettare ancora un po’, il tempo di scavare quest’ultima frana, ma il lavoro sarà fatto con tutt’altro spirito: hai la certezza di un traguardo sicuro!
Fa un certo chè sapere di avere dei compagni a poca distanza, ma allo stesso tempo essere impossibilitati a raggiungerli.
Nel frattempo la galleria è invasa dal fumo dei petardi, ma l’aria che arriva dalla frana, oggi neanche tanto forte (dicono), in breve spazza tutto.
Nel frattempo Flaviano ed Iko sono saliti nella condotta sovrastante, che si inoltra poco più avanti rispetto a dove siamo fermi in frana noi. Iniziano anche loro a dialogare a son di petardi con quelli del Nero. La condotta in frana viene in breve invasa dal fumo dei petardi esplosi dalla squadra nel Ramo Nero! Non ce n’eravamo accorti prima perchè pensavamo fosse il fumo di quelli lanciati da noi. La provenienza del fumo è in fondo e dalla parte superiore della frana.
Poi arriva anche il fumo dal cunicolo superiore e nella saletta dove ci troviamo noi non riusciamo a vederci negli occhi ad un metro di distanza!
Decido di salire anch’io per dare un’occhiata e tentare il collegamento radio da sopra. Si tratta di un meandro a roccia viva che alterna brevi salti verticali con stretti cunicoli orizzontali, il tutto allargato qua e là a son di manzi: l’afflusso d’aria è notevole ed è stata sicuramente questa la molla che ha convinto gli scledensi ad avanzare forzatamente in questa direzione piuttosto che scavare nella più pericolosa frana sottostante.
Sempre dal cunicolo superiore riusciamo “a parlarci” picchiettando sulla roccia individuando che quelli del Nero si trovano in basso verso sinistra e quindi molto probabilmente in linea con la frana.
Terminate le prove ce ne torniamo sui nostri passi verso l’uscita con la convinzione che presto la Rana avrà finalmente il suo secondo ingresso ed il sogno dei vecchi speleo potrà finalmente avverarsi.
Le foto fatte da Iko Lanaro