Studio idrogeologico: geologico3

2.5.3 Formazioni eruttive

 

2.5.3.1) Rocce vulcanoclastiche basaltiche

età: l’Eocene medio – Eocene inferiore

Le rocce vulcanoclastiche sono costituite da un prodotto rimaneggiato di materiali effusi in ambiente sottomarino nella fase iniziale del ciclo vulcanico dei Lessini orientali. Esse costituiscono, nella Valle dell’Agno, una fascia pressoché continua sotto i Calcari nummulitici con spessori variabili tra i 30 e i 100 metri (BARBIE RI et al., 1980). Nell’area adiacente l’altopiano del Faedo-Casaron, dove compaiono solo piccoli lembi di questa formazione, le vulcanoclastiti non presentano dunque grande diffusione, ma sono ugualmente presenti sia come intercalazioni nei Calcari nummulitici sia come lenti nei basalti di colata.

Le facies che presentano queste rocce sono molto variabili sia in senso verticale che laterale; il colore, dove la componente carbonatica sembra prevalere, è giallastre o marron, negli altri casi verdastro o rossastro. Questo litotipo è formato da frammenti più o meno minuti di roccia vulcanica, in genere molto alterati, immersi in una matrice fine, pure alterata e non di rado argillificata, in subordine è presente una frazione carbonatica. Si può passare da rocce ad elementi prevalenti centimetrici a rocce ben classate a grana uniforme e clasti di dimensioni millimetriche. All’interno delle singole sequenze stratificate si possono osservare gradazioni ritmiche delle particene e talvolta intercalazioni di sottili livelletti arenacei come nell’affioramento sotto Casoni o in quello poco ad occidente di contrà Mondini di sotto.

Nel primo affioramento si passa dalle vulcanoclastiti fini, a sottile stratificazione e con livelli carboniosi talora fossiliferi, a termini più grossolani, non fossiliferi alla base della serie.

Nel secondo affioramento, intercalato ai basalti di colata, si osserva una sequenza costituita da rocce vulcanoclastiche fini rossastre con tracce di ligniti, sovrapposte ad un banco di vulcanoclastiti molto grossolane con marcata gradazione granuloraetrica che raggiunge lo spessore di circa 4 metri. Infine alla base della sequenza si ritrovano rocce vulcanoclastiche fini, fossilifere e sottilmente stratificate.

Altri affioramenti si trovano presso il limite nord occidentale dell’area di rilevamento ma sono più limitati e non differiscono sostanzialmente dai precedenti.

Intercalazioni vulcanoclastiche a grana fine, sedimentate in ambiente marino, sono presenti nei Calcari nummulitici di località Perinello si tratta qui di sedimenti a grana piuttosto fine con colorazione da verde a bruno scuro.

 

2.5.3.2) Basalti di colata

età: Eocene medio

Alle rocce vulcano-sedimentarie che caratterizzano la prima fase dell’attività eruttiva terziaria nei Lessini fa seguito una potente sequenza di prodotti effusivi basaltici. Questi espandimenti di lave sono senza dubbio i prodotti vulcanici più rappresentati nell’area studiata; essi circondano infatti, quasi completamente l’altopiano del Faedo-Casaron mancando solo nel tratto di Priabona e raggiungendo una potenza che è stata valutata intorno ai 180 metri.

Questi basalti sono costituiti sia da colate sotto marine che subaeree ma risulta pressoché impossibile riconoscere e correlare i vari affioramenti, spesso molto alterati e comunque limitati, per delimitare le singole unità di colata. L’alterazione risulta infatti sempre molto spinta sia per l’argillificazione incipiente lungo le discontinuità della roccia sia per la tipica colorazione rossastra o vinaccia prodotta da una più diretta e prolungata esposizione agli agenti atmosferici.

Queste rocce, molto sensibili ai processi fisico­chimici di alterazione, danno luogo a terreni limo-argillosi che possono raggiungere spessori notevoli e caratterizzano il paesaggio con forme dolci ed arrotondate.

Gli affioramenti mostrano che l’attività vulcanica è caratterizzata nella parte bassa della serie da colate subacquee nelle quali si riconoscono talora alcuni pillows e strutture ialoclastitiche, come ad esempio lungo le incisioni del Rupiaro e del Rupiaretto. In questo caso il carattere più evidente che le distingue dalle rocce vulcanoclasti, che è la forma poliedrica a spigoli vivi dei granuli basaltici spesso cementati da calcite e prodotti zeolitici di color biancastro.

A questi prodotti seguono notevoli spessori di basalti compatti che è possibile osservare lungo le incisioni delle principali vallecole; quest’ultimi sembrano testimoniare espandimenti di lava molto fluida e ad alta temperatura, messi in posto in una fase di attività ristretta nel tempo. Tipiche di queste lave sono le fessurazioni colonnari, con colonne molto sviluppate in altezza, continue o più spesso con ulteriore suddivisione in prismi secondo un sistema di fessurazione secondario normale al senso di allungamento delle colonne.

Fessurazioni colonnari si osservano lungo l’alveo del Rupiaro, del Rupiaretto, lungo la Val Pizzolone e quella del rio Rana, poco sotto Santa Lucia.

Alle colate subaeree viene riferita la maggioranza dei prodotti effusi contraddistinti da prodotti scoriacei, bollosi, spesso con vacuoli riempiti da zeoliti. Queste lave costituiscono i resti degli edifici vulcanici venutisi a formare nell’Eocene medio e restano localizzate nella porzione superiore del complesso eruttivo (PICCOLI, 1967).

 

2.5.3.3) Basalti dei camini

età: Miocene inferiore ? – Eocene medio

I camini basaltici che interessano la zona del Faedo-Casaron tagliano sia le rocce calcaree che quelle eruttive; ma mentre nel primo caso appare facile una loro delimitazione, nel secondo caso i rapporti con le rocce incassanti rendono difficile ed incerta la loro localizzazione.

Il carattere che forse più aiuta a delimitare questi apparati è il loro netto risalto morfologico dovuto all’inversione del rilievo. La roccia che li costituisce è infatti un basalto compatto a fessurazione colonnare per cui le colonne subverticali “sporgono” per alcune decine di metri rispetto alle rocce incassanti più facilmente degradabili.

Nell’area un primo camino è stato individuato poco sopra Comedo Vicentino e costituisce il Colle di San Sebastiano. Presso questa località affiorano basalti compatti a spiccata fessurazione colonnare e brecce basaltiche di esplosione; quest’ultime vengono spesso emesse come prodotto finale dell’attività effusiva (PICCOLI, 1967).

Sul versante sud-orientale dell’altipiano, rispettivanente ad est e ad ovest di contrà Campipiani di Sopra, sono stati localizzati due  zone che mostrano ancora basalti a fessurazione colonnare. E’ probabile si tratti di un unico grande camino di oltre 500 metri di diametro in parte sepolto da estese coperture colluviali. Sul margine più occidentale di questi affioramenti sono presenti ancora brecce basaltiche di esplosione che tagliano in parte le Calcareniti di Castelgomberto.

I camini basaltici alla sommità dell’altopiano costituiscono i rilievi del M. La Trinca e del M. Ulba. Pur restando scarsi gli affioramenti della roccia in posto si intuisce la forma del condotto oltre che per il risalto morfologico anche per l’assenza dei classici avvallamenti che contraddistinguono le zone circostanti.

Il camino del Monte La Trinca ha forma subellittica con asse NW-SE di circa 600 metri ed appare costituito da basalti e modeste porzioni di brecce localizzate sul margine meridionale del condotto. Un centinaio di metri ad est di questo apparato se ne trova un altro, costituito esclusivamente da basalti che però mostra rapporti di intersezione con i calcari non molto evidenti.

Il camino del Monte Ulba ha pure forma subellittica ed asse NW-SE di circa 350 metri ma la roccia appare più alterata. Circa 400 metri a NE di quest’ultimo apparato, proprio sul margine dell’altopiano è evidente un risalto morfologico in corrispondenza di contrà Casare di Sotto: anche qui è stato localizzato un condotto subcircolare di circa 100 metri di diametro.

 

2.5.3.4) Basalti dei filoni

età: Miocene inferiore ? – Eocene medio

I corpi filoniani, nell’area studiata, risultano piuttosto scarsi probabilmente anche a causa della loro difficile individuazione quando la roccia incassante risulta essere di natura basaltica.

Un filone subverticale intruso dentro ai basalti di colata si trova tra contrà Crestani e case Cerati; esso si sviluppa per un centinaio di metri con direzione NNW-SSE ed appare distinguibile per il risalto morfologico dovuto alla maggiore compattezza del basalto che lo costituisce rispetto a quello delle rocce incassati (non visibili).

Altri filoni tagliano le Calcareniti di Castelgomberto e mostrano deboli effetti termometamorfici che interessano la roccia incassate per una decina di centimetri dandole una tenue colorazione marron. Due filoni subverticali sono stati individuati a oriente del M. Stommita in corrispondenza della sella che scende verso Crestani; un terzo, pure subverticale, si trova lungo la strada che collega quest’ultima località a contrà Mieghi. La roccia si presenta qui prevalentemente sfatticcia ed argillificata e rimane una parte centrale di roccia basaltica limitata alle salbande da prodotti di disfacimento molto teneri.

Un ultimo filone è situato sul versante meridionale del Monte La Trinca a circa 300 metri dalla sua sommità.

 

2.5.3.5) Brecce d’esplosione intradiatremiche

età: Miocene inferiore – Eocene medio

I principali prodotti dell’attività esplosiva che affiorano nell’area di rilevamento sono le brecce dei diatremi incassati nelle altre formazioni e messi a nudo dall’erosione. Questi apparati risultano abbastanza frequenti e il carattere distintivo, più evidente delle brecce che li costituiscono è la presenza più o meno abbondante di inclusi sedimentari strappati dalle pareti dei condotti.

La roccia si presenta quindi come un ammasso caotico di blocchi di natura vulcanica immersi in una matrice fine di colore scuro in cui spiccano i frammenti biancastri di natura sedimentaria. Gli inclusi sedimentogeni mostrano talvolta una spiccata ricristallizzazione termometamorfica.

I necks hanno forma planimetrica generalmente ellittica o subrotondeggiante e tagliano di netto le rocce incassanti con contatti verticali. Le dimensioni sono molto varie da poche decine di metri di diametro ad oltre un chilometro.

Procedendo dal margine settentrionale della tavoletta distinguiamo sul terrazzo quattro corpi principali e tre minori che tagliano i basalti di colata e le vulcanoclastiti di contrà Giacobele. Questi affioramenti mostrano brecce di esplosione molto grossolane ad inclusi prevalentemente basaltici che raggiungono in qualche caso i 10 centimetri.

Sull’altipiano carsico, lungo la strada della Valle delle Lore, a circa 500 metri a NW di case Milani, si incontra un piccolo neck, di circa 80 metri di diametro, che taglia le Calcareniti di Castelgomberto. Esso è riempito da una breccia minuta di inclusi sia basaltici che sedimentari.

Ad ovest dello Stommita, presso case Cerati, sono stati individuati altri due necks che tagliano i basalti di colata; il primo, che ha un diametro valutato in circa 50 metri, è costituito da una breccia grossolana con inclusi basaltici, sedimentari e di altre rocce che sembrano di origine più profonda. Il secondo neck ha dimensioni più grandi, ma si sviluppa per lo più al di fuori del margine della tavoletta.

Sul versante sopra Cornedo Vicentino si trovano altri camini di esplosione messi più o meno in evidenza da tagli per allargare la sede stradale che collega le contrade limitrofe. E’ qui che si trova il più grosso diatrema della zona, che si sviluppa per circa 1 chilometro tra contrà Battilana e Montagna proprio al margine dell’altipiano Faedo-Casaron. Esso ha forma irregolare ed una larghezza compresa fra i 200 e i 400 metri e taglia sia i basalti eocenici che le calcareniti oligoceniche. La breccia di riempimento appare estremamente grossolana con numerosi inclusi sedimentari con dimensioni fino a 15 centimetri.

Un ultimo camino è stato individuato lungo la valletta che scende da località Aspromonte poco a nord del Verlaido; quest’ultimo sembra avere una forma subcircolare con diametro massimo di circa 250 metri compreso fra le calcareniti oligoceniche.

 

2.5.6 Formazioni continentali quaternarie

Distinguiamo secondo un ordine che non sempre rispecchia una successione strettamente cronologica i seguenti depositi quaternari:

 

2.5.6.1) Alluvioni antiche

età: Pleistocene – Pliocene ?

Nella zona più elevata della Valle delle Lore, poco a nord del Monte Stommita in un’ampia depressione costellata da numerose doline affiorano sabbie silicee, frammiste ad una porzione argillosa e contenenti frequenti granuli, con diametro attorno a 0.5 – 1 centimetro, costituiti da elementi quarzosi o di calcedonio. Questi depositi, che , sembrano avere una potenza media di 1 – 2 metri, affiorano in vari punti su una superficie di circa 1 chilometro quadrato ma sono presenti anche in altre zone dell’altipiano ma in lembi assai modesti.

Questi materiali, come è stato osservato dal PASA (ALLEGRANZI et al., 1960) che ha riconosciuto lenti ghiaioso-sabbiose con ciottoli quarzitici, fillitici e di calcari esotici, sono verosimilmente legati ad antiche alluvioni ed ad una paleovalle proveniente dalla zona di Recoaro.

Analoghi sedimenti appaiono con una certa frequenza costituire i materiali di riempimento del Buso della Rana; anche in questo caso gli elementi appaiono confrontabili con quelli della serie litologica di Recoaro.

 

2.5.6.2) Depositi alluvionali di fondovalle

Si tratta essenzialmente di sedimenti alluvionali ghiaiosi e ciottolosi dei torrenti Agno e Poscola, nei quali si sono approfonditi gli alvei attuali di questi corsi d’acqua. Minore estensione hanno le alluvioni del rio Barco o del Rupiaretto mentre in alcune zone di fondovalle, come a Riobonello o lungo la Val Poscola, il substrato ghiaioso è addentellato a sedimenti limo-argillosi colluviali, provenienti dal versante collinare.

 

2.5.6.3) Coltri eluviali e depositi colluviali

Si tratta di materiali residuali (eluvium) derivati dal disfacimento in sito del substrato roccioso e costituiti da frammenti detritici, da grossolani a minuti, che fanno transizione con le terre fini più superficiali. Essi coprono al roccia madre con una coltre in genere sottile ma che può raggiungere anche qualche metro di spessore. I calcari marnosi danno luogo a terreni di copertura limo-argillosi più o meno detritici, le rocce vulcaniche a coperture limo-argillose più fini ad alta plasticità spesso soggette a movimenti gravitativi; alla sommità del Faedo-Casaron i terreni di copertura sono rappresentati invece da terre rosse e brune molto dilavate.

Nei tratti dove è più intenso il processo di dilavamento questi materiali possono venire asportati per poi essere rideposti, soprattutto nella fascia adiacente al rilievo collinare, dando luogo a più consistenti coperture colluviali. Dal punto di vista granulometrico questi materiali presentano quasi sempre una certa omogeneità anche se spesso possono inglobare materiali grossolani estranei.

 

2.5.6.4) Depositi di versante accumulati per gravita

Ai piedi delle pareti calcaree che delimitano il Faedo-Casaron si estende una fascia pressoché continua di detriti di falda. Si tratta spesso di sedimenti stratificati con intercalazioni siltose e sabbiose, di probabile origine crioclastica, che sembrano legate all’ultimo periodo glaciale.

Questi sedimenti sono stabilizzati, permeabili ed hanno un alto angolo di attrito interno. In alcune località questi depositi, che possono raggiungere spessori consistenti, vengono coltivati come cave di pietrisco (Fochesati, Maddalena di Sopra, Piccoli).

In questi casi il detrito è abbastanza omogeneo ma spesso esso è frammisto a materiale proveniente da grossi scoscendimenti e appare un detrito più eterogeneo dal quale emergono blocchi di grosse dimensioni.

Le coperture detritiche più estese, in parte addenteliate a depositi colluviali, si estendono a nord, sul terrazzo di Monte di Malo, e a sud ai piedi del Monte Verlaido e del Monte Nudo.

 

2.5.6.5) Ammassi di frana calcarei

La situazione strutturale dell’altipiano, delimitato da chiare linee tettoniche, quella morfologica legata all’approfondimento delle valli principali e la presenza di un substrato marnoso od argilloso alla sua base hanno favorito imponenti fenomeni franosi lungo tutto il margine del rilievo.

L’ammasso più imponente si trova a sud dell’altipiano e costituisce l’intera collina di Cereda. Si tratta probabilmente di una frana di scivolamento staccatasi dalle pendici del M. Verlaldo. Costituita da materiali calcarenitici, in passato considerati in regolare posizione stratigrafica, ad un esame più attento risultano fortemente dissestati in blocchi. Il limite fra questa massa scivolata e i basalti sottostanti si può osservare lungo il corso d’acqua che fuoriesce dalla fontana del Rio e che delimita a nord la porzione principale della frana. Qui i basalti sono a contatto con un livello di brecce calcaree rinsaldate.

Il corpo della frana sembra essersi smembrato in blocchi che si sono mossi individualmente o sono rimasti isolati alla sommità di piccoli dossi. L’entità del movimento e lo stato di degradazione del corpo franoso fanno ritenere che si tratta di scoscendimenti di età pleistocenica.

Un accumulo di frana più evidente è quello che costituisce il dosso (664 m) sopra contrà Crestani staccatosi dallo Stommita. E’ qui evidente la scarpata principale predisposta da disturbi tettonici e, d’altra parte, il fenomeno è avvenuto in epoca storica (1700) come è testimoniato nelle cronache della zona.

Altri ammassi di frana si trovano sul versante orientale del Monte Casaron il più evidente dei quali giunge con

il suo fronte presso la chiesetta di San Giorgio. Anche qui appare evidente la nicchia sovrastante collegata ai sistemi tettonici della linea di Priabona. Anche dal Monte Soglio si è staccato un ammasso di frana sia pure di dimensioni più modeste e l’accumulo forma un piccolo dosso tra contrà Gòdeghe e la strada comunale per Faedo.

 

2.6 Tettonica

 

La regione dei Lessini orientali presenta nel suo insieme un assetto tabulare leggermente arcuato che s’immerge sotto le alluvioni della pianura, ad occidente verso SSW ed ad oriente verso SSE. Questo motivo strutturale è complicato da numerose dislocazioni che incrociandosi fra loro suddividono il rilievo in un sistema di blocchi. Questo stile tettonico è caratterizzato da un complesso di faglie che partendo da nord si aprono a ventaglio verso sud: nel settore occidentale predomina l’orientamento NNE-SSW(linea delle Giudicarie) in quello orientale l’orientamento NNW-SSE (linea Schio-Vicenza). Spesso gli effetti di queste dislocazioni si sommano dando luogo ad un sistema di microfratture coniugate che si incrociano secondo angoli prossimi a 30° o 60° con componenti di moto sia orizzontale che verticale. Questo quadro è ulteriormente complicato da altre dislocazioni minori, sia parallele che trasversali a queste ora menzionate.

L’area del Faedo-Casaron è compresa nel settore orientale dei Lessini; quest’ultimo può essere delimitato ad occidente dalla linea di Castelvero, ad oriente dalla linea Schio-Vicenza e a nord dalla flessura pedemontana. Al primo di questi elementi è riferibile un fascio di faglie, orientate all’incirca NNW-SSE, che hanno ribassato il settore orientale dei Lessini di qualche centinaio di metri. Si tratta di dislocazioni di età terziaria attivatesi verso  la fine del Paleocene  che hanno  determinato un’intensa attività effusiva nella zona  (BARBIERI,   1972;   DE  ZANCHE  e COTERNO, 1972).

La linea Schio-Vicenza è definita da BARBIERI et al. (1981) come una faglia a direzione NW-SE con prevalente movimento orizzontale sinistrorso; questa trascorrenza, per l’immersione regionale degli strati verso SE, determina lo abbassamento relativo della zona ad oriente, che corrisponde con l’alta Pianura Vicentina. A questo elemento è riferibile il sistema di faglie più evidenti nel settore dei Lessini orientali; questo stesso sistema disloca tutte le strutture tettoniche riconosciute nell’area ad eccezione di quelle E-W, più recenti, che sembrano collegate con l’abbassamento della Pianura Padana (CONEDERA et al., 1972).

La flessura pedemontana nel tratto in questione costituisce il fenomeno tettonico più vistoso in quanto ad esso è legato il sollevamento delle Prealpi Vicentine con un innalzamento variabile tra i 1000 e i 2000 metri (ZANFERRARI, 1972). La direzione di questa linea è simile a quella della Valsugana (ENE-WSW) ma l’età è essenzialmente pliocenica, legata cioè alle fasi tettoniche tardorogeniche del margine alpino.

Uno studio statistico delle lineazioni rilevate dalle fotoaeree ha consentito di individuare varie zone omogenee una delle quali è quella che comprende il Faedo-Casaron e permette di inquadrare meglio la situazione di dettaglio. Gli Autori (CO NEDERA et al., 1972) hanno ritenuto delimitare i Lessini orientali, considerando invece che la linea di Castelvero, la Valle dell’Agno (fig. 5). Analizzando un totale di 642.2 chilometri di lineazioni suddivise in 8 classi azimutali, è apparsa come dominante la direzione NNW-SSE (26.3 %), seguita da quella ad orientamento NW-SE (15.3 %); entrambe queste direzioni vengono collegate con la linea Schio-Vicenza.

Una direttrice secondaria, secondo NE-SW (13.3 %) è riferita dagli Autori a sistemi tettonici che tendono a scalinare il settore meridionale dei Lessini verso la pianura.

Il quadro tettonico di dettaglio risente dunque, in larga parte, dei movimenti trascorrenti avvenuti lungo le faglie regionali a direzione NNW-SSE, si può notare tra l’altro, che lo stesso allungamento del massiccio Faedo-Casaron è legato a questa direttrice tettonica. Rientra in questo sistema la faglia di Priabona che delimita tutto il versante orientale del Monte Casaron e i Campipiani con una scarpata che da’ sulla Val Poscola. Questa faglia ha prevalente movimento orizzontale destrorsa e prosegue più a sud nella Valle dell’Onte.

Direzione scledense hanno altre dislocazioni che intersecano longitudinalmente l’altopiano e che appaiono evidenti soprattutto dallo studio delle foto aeree; procedendo da oriente incontriamo la linea Ulba-Xotta che passa per i Campipiani, la linea Monte Faedo-Mieghi, che costituisce il prolungamento di una faglia che è stata meglio definita più a nord nel Passo del Mucchione (BARBIERI et al., 1960). Presso il margine orientale dell’altopiano appare evidente la linea Stommita-Monte Verlaldo e, ancora più ad ovest tra Muzzolon e Cereda, passa la faglia Recoaro-Valdagno che poi prosegue verso sud. Questa linea, evidente soprattutto nei pressi di Valdagno, mostra un movimento prevalentemente orizzontale sinistrorso.

Tra le linee ad orientamento NNE-SSW quella più evidente passa lungo la Valle delle Lore attraversando tutta la estremità nord-occidentale dell’altopiano. l’orientamento di questa faglia, di tipo normale, è all’estremità meridionale N-S e diventa NNE-SSW all’estremità opposta. Altre faglie ad andamento subparallelo e dislocate dal primo sistema si trovano più a nord presso contrà Cima, lungo l’incisione parallela alla Val Segato, sul versante che dal Monte Montagna scende verso la Val Faeda e a sud dei Campipiani.

Oltre a questi due sistemi di fratture ne appare un terzo a direzione E-W. La più evidente dislocazione di questo sistema delimita a nord l’altipiano con un’evidente scarpata rocciosa sul prolungamento della quale si è approfondita la Val Pizzolone. Una linea analoga sembra correre poco a sud del Monte Verlaldo e sembra responsabile degli scoscendimenti in quel versante. Come già accennato, dai rapporti di intersezione con gli altri sistemi di faglie sembra che quest’ultimo rappresenti il sistema più recente.

La figura della pagina seguente si riferisce alla posizione dei poli dei piani di stratificazione rilevati nell’altipiano Faedo-Casaron. Il diagramma, che comprende 60 misure, mette in evidenza una struttura monoclinale a debole inclinazione con un massimo rappresentato dal piano a direzione N 5° E che immerge verso est con un’inclinazione di 10 gradi.

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