RAMO NERO - Resoconti Esplorativi
La fuga
di Paolo Boscato (Gruppo Grotte G. Trevisiol, CAI Vicenza)
Tratto da Speleologia Veneta n° 3 - 1995
A Enrico
a lampade spente solo il nostro respiro -
il falso vuoto del buio - voci emergere
da suoni d'acqua - ricordo - voci da suoni
d'acqua e flauti di pietra - lasciavamo
scorrere i nostri anni in quegli istanti -
seguivamo come in un gioco
l'infinito andare dell'acqua
odore di muschio e capelvenere immobile
nel sole - come una nascita
gennaio 1995
L'idea di trascorrere più di un giorno al Buso della Rana circolava
nel gruppo da mesi e mesi senza risultati positivi Dal 1969, con la scoperta
dei nuovi rami che sembravano interminabili il problema di organizzare spedizioni
al di sopra delle normali 12 ore si fece sempre più impellente mano a
mano che nuovi chilometri di gallerie si aggiungevano ai già conosciuti.
L'idea trovava sempre tra gli amici del gruppo, salvo rare eccezioni, troppo
scetticismo sicché s'arenava metodicamente sul nascere.
S'arrivò così, continuando con le solite spedizioni, all'aprile
di quest'anno (1973). Ennesima proposta, solite perplessità e conseguente
decisione mia e di Enrico Gleria, di organizzare da soli una spedizione di due
giorni nella grotta, per rilevare la continuazione di un ramo scoperta di recente.
Presa la decisione, fissammo in breve la data di partenza (19 aprile), la suddivisione
dei compiti e il materiale occorrente. Oltre ai viveri e ai vestiti di ricambio,
sacchi a pelo, coprisacchi, un telo di nailon e un bidone da carburo il tutto
dentro uno zaino militare e un grosso sacco a tubo.
Partimmo da casa un po' prima delle 15 con l'auto di Franco. Dopo quasi due
mesi di completa siccità, appena arrivati all'ingresso della grotta un
nubifragio con lampi e grandine si abbatte su di noi. Salutato Franco (Farronato)
entrammo nella grotta alle 15 e 45 curvi sotto il peso degli zaini e del canotto
sperando in un immediato ristabilimento del tempo. Il cammino m grotta si rilevò
più che mai faticoso a causa degli zaini abbastanza pesanti ed ingombranti
che ci costrinsero a continue fermate.
Inzuppati più di sudore che d'acqua arrivammo alle 17.45 alla Sala della
Scritta e 40 minuti dopo a Sala Pasa, scoperta nel gennaio del '69. Finalmente
alle 19 50 entrammo a Sala Snoopy, scoperta nell'ottobre del 71, sbuffando come
treni. Ora si trattava di cercare un adeguato posto per fissare il bivacco.
Scartammo subito un ramo perché troppo ventilato e scegliemmo un cunicolo
nella parte alta della sala, completamente asciutto ma con il pavimento molto
dissestato. Lavorammo così un bel paio d'ore scavando e spostando pietre
per ottenere un adeguato e confortevole ripiano. A lavoro compiuto mangiammo
e c'infilammo nei sacchi a pelo. Sarà perché eravamo stanchi o
perchè la grotta concilia il sonno sta di fatto che ci svegliammo alle
dieci di mattina del giorno dopo (venerdì santo), io soddisfatto per
la bella dormita, Enrico imprecando per il prezioso tempo sprecato.
La colazione con caffè e altre buone cose e poi la partenza alla volta
del "Ramo Nero" scoperto nell'ottobre del 71 ma non ancora interamente
esplorato. L'acqua di questo ramo, sempre abbondante anche in tempi di magra,
era al di sopra dei livelli normali ma, tutto sommato, non preoccupante. In
mezz'ora percorremmo il ramo raggiungendo la frana forzata nella precedente
spedizione: al di là, altre continuazioni. Iniziammo il rilievo nella
frana e superando una strettoia entrammo in una vasta sala con abbondanti crolli.
Nella parte opposta il cunicolo continuava con un laminatoio sempre percorso
dall'acqua. Più avanti, un ampio ramo sulla sinistra quindi profonde
pozze d'acqua sul pavimento e il rumore di una vicina cascata.
Sempre prendendo misurazioni giungemmo ai piedi della cascata, alta circa quattro
metri, con alla base una profonda pozza d'acqua. Salimmo senza difficoltà
pur bagnandoci leggermente. Sopra seguimmo la parte fossile del ramo, molto
ampio, con l'acqua che scorreva alcuni metri sotto i nostri piedi. In un allargamento,
raggiungemmo il corso d acqua. In questo punto si bloccò la precedente
spedizione, per non aver trovato un'immediata prosecuzione.
Rifocillati iniziammo a scavare per abbassare il livello dell'acqua in un cunicolo.
Ci si infilo Enrico ma senza risultato. Impraticabile. Provammo allora a percorrere
alcuni cunicoli alti su frana ma anche questi risultarono di ben poco interesse.
Cominciavamo a dar partita vinta quando, verso le 18, tornato alcuni metri indietro,
mi infilai in una fessura e potei constatare la continuazione del ramo. Si trattava
però di spostare alcuni massi per forzare una strettoia. Chiamai Enrico
che senza farsi pregare s'infilò nella strettoia e con il suo stile quasi
rabbioso (gli venne uno strappo alla schiena) spostò con il busto un
grosso masso: il passaggio era libero. Rilevai il cunicolo precedente e superai
anch'io la strettoia. Pochi minuti dopo esserci allontanati dal basso passaggio,
si staccò esattamente sopra la strettoia, a 5 metri d'altezza, un grosso
masso che per poco non la ostruì. Superammo un'altra sala, un salto di
sei metri, un altro corridoio e quindi ridiscendemmo sull'acqua in una saletta
con varie possibilità di prosecuzione.
Qui, alle 22 e qualcosa, decidemmo di ritornare al bivacco, soddisfatti del
lavoro compiuto. Raggiunta la cascata, mi sporsi ma non vidi gli appigli e la
lama di roccia che erano serviti per la salita, tutto coperto da un forte getto
d'acqua. Ci guardammo un attimo negli occhi senza parlare. La piena! Enrico
scese per la cascata e scomparve per un attimo dalla mia vista. Poi sentii la
sua voce che mi invitava a scendere. Cercai tra l'acqua gli appigli e scesi
con lo scroscio gelido sulle spalle e sul petto che mi faceva mancare il fiato.
Raggiunto Enrico, cominciammo la grande corsa verso la salvezza interrotta dopo
dieci metri per lo spegnimento contemporaneo delle lampade a carburo. Imprecando,
tra il fragore dell'acqua, riuscimmo ad accendere un fiammifero. Continuammo
a correre fino al laminatoio dove l'acqua lasciava solo pochi centimetri d'aria
sul soffitto, ancora un po' e il passaggio sarebbe stato completamente sommerso.
Ci immergemmo completamente insensibili all'acqua gelida. Attraversammo la sala:
nella frana mi si aprì la borsa spargendo tutto il materiale contenuto:
altre imprecazioni. La fuga continuava. Avevo la bocca impastata per la gran
corsa e mio malgrado immersi il viso nell'acqua schiumeggiante, tanto maledetta
in quei momenti, ingollandone qualche sorso.
Ci ritenemmo definitivamente in salvo solo dopo aver raggiunto la fine del ramo.
Una pisciata rituale nei gorghi concluse la corsa. A Sala Snoopy ci aspettavano
i vestiti asciutti, un buon caffè caldo, poi il cibo e il sacco a pelo.
Ci svegliammo all'indomani (sabato 21) alle 10. Nuova colazione e preparativi
per la partenza. Gli zaini erano più pesanti che all'entrata per i vestiti
bagnati all'interno e la marcia fu faticosissima. Arrivammo all'ingresso verso
le 15.30 dove ci aspettava Alberto (Girardi), mio fratello e un gran bel sole.
Aprile 1973