RAMI di SALA SNOOPY - Resoconti Esplorativi
Realizzazione di un bivacco fisso al "BUSO DELLA RANA" (1973)
di Paolo Boscato
L'idea di costruire un bivacco fisso al «Buso della Rana» nacque
all'incirca un anno fa, quando iniziammo il rilevamento e l'esplorazione del «Ramo
Nero», scoperto nell'ottobre del 1971 nei rami nuovi, rivelatosi di esplorazione
in esplorazione oltremodo impegnativo e pericoloso. Per poter effettuare spedizioni
in cui il duro e prolungato sforzo della marcia d'avvicinamento alle zone inesplorate
fosse compensato da un discreto numero di ore lavorative, fummo costretti ad
organizzare uscite della durata di 16, 18 ore, rivelatesi però abbastanza
faticose date le condizioni di estremo disagio in cui dovevamo operare, senza
poter fare affidamento su adeguate soste.
Una spedizione compiuta nell'aprile di quest'anno e durata 48 ore per poco
non ebbe tristi conseguenze a causa di improvvise piogge che ingrossarono i
corsi interni compromettendoci, fortunatamente in modo lieve, la possibilità di
uscire dal «Ramo Nero». Come si può immaginare, la necessità di
poter disporre di una base con sacchi a pelo, vestiti asciutti, cibo e materiale
vario in una zona molto avanzata della grotta fu particolarmente sentita dai
componenti il nostro gruppo al punto che la proposta di costruire un bivacco
fisso venne avallata senza difficoltà.
Si passò subito (eravamo nel luglio di quest'anno) a stendere a tavolino
il progetto di un bivacco «su misura» ed a preparare i pezzi da
montare poi all'interno.
Nel frattempo, Giangi, Maurizio e Gigi, nel corso di una spedizione, individuarono
il
luogo adatto per la costruzione ed iniziarono a spianare l'accidentato pavimento:
lavoro rivelatosi molto faticoso. Il luogo prescelto fu «Sala Snoopy»,
scoperta nell'ottobre 1971 nel corso di una fortunata spedizione e situata
proprio all'imbocco del «Ramo Nero». Questa sala presenta un notevole
dislivello dal punto in cui vi si accede al corso dell'acqua, ragion per cui
l'installazione del bivacco nella zona alta può considerarsi senza dubbio
al sicuro da eventuali piene.
La scelta per la costruzione del bivacco fu limitata a materiali leggeri, di
minimo ingombro e di assoluta resistenza all'umidità, per motivi che
anche chi non è esperto di speleologia può immaginare. Quando
tutti i pezzi furono preparati (la prova generale di montaggio avvenne nel
giardino di Enrico in un caldo pomeriggio) ci demmo da fare per organizzare
una spedizione di quattro giorni, da trascorrere interamente all'interno, durante
la quale dovevamo costruire il bivacco, documentare con fotografie i rami nuovi
e continuare l'esplorazione della cavità.
La data di partenza fu fissata per il 21 luglio e proprio la mattina di quel
giorno, come convenuto, fummo in sei all'entrata della grotta carichi da non
dire tra materiale personale e pezzi di bivacco.
Non mi dilungo nel descrivere il faticoso incedere nei cunicoli della «Rana» fatto
di continui passamano là dove il singolo non riusciva a trascinare il
pesante fardello. Il primo obiettivo, il raggiungimento di «Sala Snoopy»,
fu realizzato, e là continuammo a spianare il pavimento e a costruire
due massicciate lunghe quattro metri e alte uno. Quando il lavoro più faticoso
fu finito, verso le due di notte, iniziammo il montaggio vero e proprio del
bivacco, rivelatosi oltremodo semplice e privo di problemi. Fissati al suolo
i tre pali portanti in alluminio, alti circa due metri, avvitammo alla sommità d'ognuno
un profilato d'alluminio, largo 5 cm. e lungo 4
metri e mezzo, piegato a semicerchio e fissato sulle due massicciate. I tre
archi così ottenuti vennero uniti ed ancorati da un altro profilato
di alluminio e da cordino di nylon. Alla fine stendemmo sullo scheletro tre
teli di nylon uniti da nastro adesivo e risvoltati sul pavimento. All'interno
ponemmo due amache ancorate trasversalmente alle due massicciate e una cuccetta
in polistirolo espanso. Verso le tre di notte il lavoro fu ultimato e Giangi,
Eva e Sergio ebbero l'onore dell'inaugurazione.
Alle
8 di mattina per Enrico, Franco e il sottoscritto, tornati da una breve esplorazione,
non ci fu niente di meglio dei sacchi a pelo tenuti caldi dagli
amici che intanto si accingevano a scattare fotografie per poi uscire dalla
grotta nel pomeriggio. Enrico, Franco ed io, rimasti nel bivacco, assaporammo
il sonno della «notte eterna» conciliato dalla stanchezza accumulata
in 24 ore di lavoro senza sosta e interrotto ogni tanto dal fragore delle acque
che aumentava laggiù nella sala, segno che all'esterno imperversavano
violenti temporali. Il bivacco in sostanza si rivelò più che
confortevole. L'umidità condensando sulle pareti, diminuì sensibilmente
e la temperatura crebbe di 4-5 gradi. Purtroppo, nei restanti due giorni, il
livello dell'acqua si mantenne su livelli preoccupanti (da come ci venne poi
comunicato, all'esterno imperversava in continuazione il maltempo) e l'unica
nostra attività fu di scattare una serie di diapositive nella zona adiacente
il bivacco, non potendoci avventurare nel «Ramo Nero» per evidenti
motivi di sicurezza. Sebbene dal lato esplorativo, per ragioni non dipendenti
dalla nostra volontà, la spedizione non dette grandi risultati, resta
il principale obiettivo raggiunto con la messa in funzione del bivacco, sicuro
punto di appoggio in vista delle prossime spedizioni.
Per concludere, ritengo doveroso citare i nomi degli amici che contribuirono
con il loro insostituibile aiuto alla costruzione del bivacco, primo fra tutti
Enrico Gleria, ideatore dell'opera e poi il fratello Giangi Boscato, Maurizio
Da Meda, Eva e Sergio Degli Adalberti, Franco Farronato e Gigi Oboe.
PAOLO BOSCATO