Buso della Pisatela

Leonardo Busellato - Gruppo Grotte Schio
NUOVE STRAORDINARIE SCOPERTE SPELEOLOGICHE NEL TERRITORIO DI MONTE DI MALO

tratto da "Acqua e Terra della Valleogra"-Sentieri culturali 3, 2003


Scarica il rilievo in pianta del 2007


1. Premessa. L'altopiano del Faedo.

Il nome Monte di Malo, nell'ambiente speleologico, viene immediatamente associato a quello di Buso della Rana, una delle grotte più lunghe d'Italia, nota agli studiosi e a tutti gli appassionati che frequentano gli ambienti naturali ipogei e "madre" di tutti gli speleologi veneti i quali, quasi con affetto la chiamano "la Rana" senza bisogno di altri aggiuntivi. La grotta è cara anche a tutti coloro che sanno apprezzare i fenomeni naturali non ancora manomessi dall'uomo e a quanti vogliono vivere l'avventura, anche di un solo giorno, nelle viscere della terra; migliaia sono infatti, ogni anno, le persone che vengono accompagnate a visitare la grotta da tutti i gruppi speleologici veneti e da quelli attivi nelle regioni contigue. Un sapiente ricupero dell'ambiente esterno attuato dall'Amministrazione Comunale di Monte di Malo, sostenuto anche dalla Provincia di Vicenza, sottolinea l'importanza del sito ed ha contribuito a farlo inserire tra i Siti di Interesse Comunitario (SIC) con il vantaggio importante di veder facilitati gli interventi di protezione e di tutela dell'ambiente.
La descrizione delle esplorazioni e degli studi eseguiti in questa grotta ha fatto scorrere fiumi di inchiostro ma forse la trattazione più importante è stata redatta da un gruppo di studiosi e specialisti appartenenti a gruppi veneti e trentini ed è stata pubblicata nel 1960, in monografia, da «Rassegna Speleologica Italiana», la più prestigiosa rivista speleologica di quegli anni. Artefici dello studio furono Aldo Allegranzi, Giorgio Bartolomei, Alberto Broglio e Alberto Rigobello del Gruppo Grotte "G.Trevisiol" C.A.I. di Vicenza, Angelo Pasa, Sandro Ruffo, e Francesco Zorzi del Museo di Storia Naturale di Verona, Cesare Conci, Antonio Galvagni e Luciano Tamanini studiosi trentini, con il supporto anche di alcuni elementi del Gruppo Grotte del C.A.I. di Schio tra i quali ricordiamo Giovanni (Giannino) Giacobbi.
La risonanza suscitata dagli scritti sul grandioso fenomeno carsico fece conoscere il paese di Monte di Malo e l'altopiano del Faedo in tutta l'Europa speleologica e in particolare nel mondo scientifico dedito allo studio del carsismo e della chimica dei carbonati.
L'altopiano del Faedo, rispetto ai grandi altopiani carsici, è veramente minuscolo ma grazie alla sua particolare natura geologica e alla favorevole successione stratigrafica ha permesso la formazione di cavità di dimensioni straordinarie. Nell'area nord occidentale l'andamento dei reticoli idrici sotterranei è condizionato dalla presenza di una estesa colata di basalti olivinici e vulcaniti, sormontata da una pila di calcari oligocenici (calcareniti di Castelgomberto). I basalti, grazie alla loro impermeabilità e alla loro giacitura, hanno determinato lo scorrimento incanalato delle acque da Ovest verso Est secondo la generale immersione degli strati. Una leggera flessura del letto impermeabile e una serie di fratture della massa sedimentaria sovrastante hanno condizionato lo sbocco delle acque, soggette a grandi pressioni idrostatiche, in corrispondenza dell'attuale ingresso del Buso della Rana. Nel tratto sud orientale dell'altopiano, in prossimità dell'abitato di Priabona, lo scorrimento idrico non può raggiungere il livello di base grazie alla presenza di potenti ed estesi orizzonti marnosi piuttosto impermeabili (marne del Priaboniano) nei quali lo scorrimento i-drico principale avviene ancora oggi in regime freatico lungo sistemi di condotte vascolari. A Priabona, infatti, troviamo un'altra grande grotta, la Grotta della Poscola, esplorata da elementi del Gruppo Grotte "Trevisiol" di Vicenza che hanno saputo operare in ambienti veramente ostili, superando grandissime difficoltà e con l'applicazione anche dì tecniche subacquee.
Sugli stessi livelli ma sul versante di Cereda sono presenti altre grotte con corsi d'acqua minori e precisamente la Grotta del Cameron e il Buso dell'Acqua. Un capitolo a sé è rappresentato dalla Grotta ai Cocchi in località Spagnago, una grande grotta ricca di drappeggi concrezionali, esplorata dal Club Speleologico "Proteo", che si sviluppa in calcari eocenici al di sotto del livello impermeabile sul quale si estende il Buso della Rana e la Grotta della Poscola.
La sommità dell'altopiano del Faedo è segnata da diffusissime manifestazioni di carsismo superficiale che si presenta con estese concentrazioni di campi solcati a carso parzialmente coperto e da innumerevoli doline di ogni forma e dimensione che movimentano tutto il paesaggio. L'unità morfologica dell'altopiano è segnata profondamente a SE dalla Valle Faeda e a NW dalla Valle delle Lòre il cui andamento segue i principali motivi tettonici della nostra zona.
Il nome di Valle delle Lòre (grandi imbuti per il travaso del vino nelle botti) è particolarmente significativo perché è legato alla presenza di tutta una serie di doline a gradinata che, assorbendo le acque meteoriche, hanno reso fossile la valle.
Le calcareniti di Castelgomberto, interessate da una diffusa permeabilità accidentale dovuta ad un'intensa fratturazione, hanno un alto contenuto di materiale insolubile il quale, quando la roccia subisce l'azione aggressiva dell'acqua piovana acida in anidride carbonica, tende a depositarsi e ad occupare il fondo delle doline impermeabilizzandolo tanto da consentire, secondo un testimone oculare del luogo, la formazione in almeno una di queste depressioni di un laghetto temporaneo (testata della Valle delle Lòre, al limitare del bosco dei Maistri) come nei polje del Carso croato e sloveno.
In tutto l'altopiano del Faedo, attualmente, sono note un centinaio di cavità per lo più ad andamento verticale. Tra le grotte verticali possiamo ricordare grotte ormai storiche come la Spurga dei Forni, la Spurga del Barbeta e la bellissima Spurga delle Parpanoie, esplorate negli anni '60 dal Gruppo Grotte Schio C.A.I., ma i primi veri abissi, per profondità e per complessità, entrati nel novero dei grandi abissi del Veneto, sono la Spurga del Viperotto, il Buso de Checo e l'Abisso Papanero esplorati dal Gruppo Speleologi Malo.
Questi abissi avevano acceso la speranza di raggiungere il livello della falda sospesa prossima ai basalti e di penetrare così in grandi gallerie appartenenti al sistema della Poscola e del Buso della Rana. Purtroppo la presenza di diffusi depositi di riempimento clastici e argillosi aveva impedito di realizzare tale congiunzione.
Il Comune di Monte di Malo, nell'intento di valorizzare e far conoscere l'ambiente naturale e i fenomeni carsici presenti sul suo altopiano, ha realizzato una serie di itinerari didattici di straordinario interesse. Per apprezzarli appieno, è opportuno rivolgersi agli appassionati, che seguono il Museo dei Fossili del Priaboniano realizzato, sempre dal Comune di Monte di Malo, in località Priabona, e in particolare al maestro Renato Gasparella che rappresenta un po' l'anima di questo gioiello di museo.

2. Il Buso della Pisatela.

Quando si ha la fortuna di potersi immergere in un ambiente naturale straordinario come l'altopiano del Faedo è sempre importante osservare ogni minimo particolare: infatti, chi percorre i suoi sentieri durante la stagione invernale, in presenza di una copertura nevosa, potrà notare con frequenza una serie di aree sgombre dalla neve e, avvici-
nandosi, percepire una corrente d'aria calda che proviene da strettissime fessure aperte nella roccia o attraverso cumuli di clastici che ricoprono il fondo di piccoli avvallamenti. Se la temperatura esterna è particolarmente rigida, sembrano materializzarsi delle figure fantasmago-riche formate da eterei vapori che si librano nell'aria e poi scompaiono. La spiegazione di questo fenomeno, comune negli ambienti carsici, sta nel fatto che tutte le grotte di una certa estensione e con ingressi a quote diverse sono interessate da abbondanti correnti d'aria che spirano in un senso o nell'altro in base alla differenza di temperatura tra l'interno della grotta e l'esterno. La temperatura interna delle grotte è abbastanza stabile e tende alla media stagionale dell'area sulla quale insiste la grotta stessa. In genere, durante la stagione invernale, l'aria interna alla grotta è più calda di quella esterna e tende quindi a salire attraverso fessure che comunicano con l'esterno richiamando aria fredda dall'ingresso più basso. In questi casi siamo in presenza di una corrente entrante come è perfettamente avvertibile al Sifone del Buso della Rana. D'estate, l'aria interna alla grotta è più fredda e tende quindi a scendere in basso scivolando all'esterno, lungo il versante del monte o lungo il solco vallivo. Questo movimento richiama aria dalle fessure in alto e si innesca quindi una corrente d'aria entrante dall'alto e la grotta "soffia" dall'ingresso basso.
Durante una escursione estiva, sul versante di una piccola dolina imbutiforme, con sezione trasversale a triangolo isoscele a vertice in basso, era stato notato un buchetto di sezione ellittica, quasi coperto da una cortina di edere pendule che si cullavano al "respiro della terra".
L'abbondante corrente d'aria che, d'estate, usciva dal cunicolo suggeriva trattarsi di un "ingresso basso", ma "basso" rispetto a cosa, dato che nelle immediate vicinanze c'era veramente ben poco di più alto? Nessuno avrebbe neanche osato immaginare il mondo che stava al di là di quel nero pertugio. Il desiderio di capire il fenomeno spinse gli speleologi del C.A.I. di Schio a iniziare uno scavo come già gli stessi a-vevano tentato, con scarsi risultati, in almeno altre tre fessure dell'area. Stranamente molti continuarono nel tempo a credere in quella che era stata ottimisticamente battezzata "Pissatela" secondo un termine dialettale locale che chiama così il girino, o piccola rana, in omaggio al famosissimo Buso della Rana che distende le sue spire all'interno dell'altopiano carsico del Faedo - Casaron. E fu un'epopea di scavi che durò per oltre vent'anni e vide avvicendarsi generazioni di speleologi scledensi senza che mai venisse meno la speranza di entrare in un nuovo, grande, sistema carsico. Finalmente la costanza fu premiata: infatti, dopo quasi quaranta metri di grotta semi artificiale percorsi scavando lungo fessure angosciose, intervallate da modesti pozzetti, all'inseguimento di un filo d'aria, finalmente ci fu la prima scoperta: quasi settecento metri di grotta nuova con un grande salone sotterraneo e un discreto corso d'acqua che scorre in un troncone di galleria interessato da grandi crolli. Dalla galleria, l'acqua si immette nel salone detto dell'Orda e scompare gorgogliando al di sotto di una gigantesca frana.
E ancora gli speleologi a non demordere di fronte a quella frana che sembrava deridere i loro sforzi ma allo stesso tempo pareva lanciare sempre nuove esche e nuove sfide, con neri interstizi tra i massi o con gorgoglii sommessi. Finalmente fu scoperto il punto debole della frana e un nero vuoto sottostante riaccese la speranza di nuove scoperte.
Dopo uno scavo ciclopico, calando in uno stretto pertugio aperto tra massi incombenti, fu possibile raggiungere una minuscola spiaggia in riva ad un misterioso torrente sotterraneo. Seguendo il corso d'acqua fu raggiunta la sponda di un lago, nero, gelido, profondo, che toccava la volta di una galleria, più che vasta, immaginata, protesa verso l'ignoto. Sulla volta, sgombro dall'acqua, rimaneva uno strettissimo canale di dimensioni sufficienti a contenere il capo di uno speleologo senza casco. Il gelido abbraccio dell'acqua che arrivava a filo del mento non fermò gli esploratori i quali, seguendo sempre il filo d'aria, riuscirono ancora una volta a superare l'ostacolo, denominato "Stargate", porta delle stelle, e a penetrare in un nuovo complesso sotterraneo gigantesco. A monte dello "Stargate", il Ramo "Giannino Giacobbi", una grande galleria che rappresenta l'asse principale della grotta ed è percorsa da un torrente che getta le sue acque nello "Stargate". La dedica a Giannino Giacobbi rappresenta un deferente omaggio al secondo presidente del dopo guerra che resse le sorti del gruppo con straordinario impegno specialmente nel campo della ricerca preistorica.
Procedendo nel ramo principale si incontrano il Ramo "del Sorriso" e la Bocca "dello Squalo", quest'ultima caratterizzata da un ricco drappeggio di stalattiti e stalagmiti che richiamano l'immagine famosa del film Lo squalo, e poi il Ramo "dei Centoventi" che si biforca in "Acqualandia", nome che è tutto un programma. Più avanti si incontra il Ramo "del Cigno" con il tratto iniziale detto "del Brutto Anatroccolo" che poi evolve in una galleria di dimensioni eccezionali e, ancora, il Ramo "delle Gettate" la cui sezione è tagliata a mezza altezza da una spessa lastra concrezionale a letto pianeggiante e il "Tunnel", una galleria dalle morfologie stupende caratterizzata nella parte alta da una condotta a sezione ellittica che sembra scavata da mano umana mentre, nella parte bassa, il canale di approfondimento per scorrimento a pelo libero ha inciso uno strato interessantissimo di conglomerato composto da un insieme di clastici misti di calcare e basalto. E poi la Cascata con un discreto salto d'acqua che si frange con dolce sciacquio nel laghetto sottostante e più avanti il Ramo sopra la Cascata e il "Tira Bora" il cui nome sente l'influsso di temi internazionali contemporanei alla scoperta.
Questi nomi, divenuti familiari, rappresentano migliaia di metri di nuova grotta, con gallerie impreziosite da straordinari drappeggi di stalattiti, percorse da torrenti di acqua limpida, abbellite da laghetti cristallini i cui silenzi sono rotti solamente dallo scroscio di piccole cascate.
Lo "Stargate", con il mistero di due torrenti confluenti e apparentemente nessun emissario, sollecitò non poco la fantasia degli speleologi finché un'attenta osservazione, aiutata anche da qualche grammo di fortuna, non consenti la scoperta ancora di un esiguo canale scavato sulla volta di una vasta galleria sommersa il quale rappresentò la chiave per la scoperta dei rami a valle. Altri nomi si aggiunsero a quelli già citati: il Ramo "Schio", il Ramo "del By-Pass", il Ramo "Carnevale", e grandi laghi come il Lago Lungo e ancora saloni grandiosi come la Sala "delle Mogli", ...un'epopea entusiasmante di scoperte... fino ad una frana, immobile, ermetica, per ora irridente gli sforzi e le speranze degli speleologi. Qui forse siamo in prossimità di una faglia che ha tagliato in due la montagna. L'acqua se ne va attraverso un laminatoio aperto nella viva roccia, invalicabile all'uomo. Una forte corrente d'aria spira attraverso i massi di frana... E... a valle di tutto il sistema c'è la Rana, lontana o vicina che sia, c'è la Rana, e prima o poi sarà fatta la congiunzione!
Monte di Malo, con il suo altopiano carsico, torna alla ribalta speleologica nazionale, per ora, con le due grotte più lunghe del Veneto ma non è ancora finita...

3. Considerazioni di carattere idrologico.

L'importanza di questa straordinaria scoperta, la più grande finora dopo il Buso della Rana, consiste in una migliore e più approfondita conoscenza del territorio ma principalmente, a nostro avviso, nella intercettazione dei due notevoli torrenti sotterranei in quota (ca. 600 metri). Il progressivo impoverimento quantitativo e qualitativo degli acquiferi di pianura a causa di uno sfruttamento sempre più intensivo e di un inquinamento sempre più pesante e diffuso porterà a breve alla necessità di sfruttare maggiormente le risorse idriche degli acquiferi carsici, predisponendo il trasporto, anche a distanza, delle risorse idriche montane come già avviene per molte aree del Sud d'Italia. Fino ad una decina di anni fa, nel nostro paese, veniva sfruttato non più del 25-30% delle acque provenienti dagli acquiferi carsici ma in un prossimo futuro si prevede uno sfruttamento pari al 75-80%.
È evidente che tali risorse devono essere ben tutelate contro qual-siasi tipo di inquinamento accidentale o permanente legato alle attività umane nel territorio.
L'altopiano del Faedo, come ogni altopiano carsico, manca quasi completamente di idrografia superficiale perché tutta l'acqua di origine meteorica viene drenata da una diffusa rete di fratture circa parallele e ortogonali alla "linea di Schio". Nel punto di incrocio delle fratture si innescano processi di assorbimento e le acque, chimicamente attive, esplicano un'azione corrosiva radiale che predispone la formazione delle doline. Tale processo viene esaltato dalla presenza di un manto erboso e forestale che tende ad arricchire il tenore di anidride carbonica a livello del suolo e, con il degrado del materiale organico, produce acidi umici che aumentano di molto il grado di acidità delle acque percolanti. L'azione corrosiva si esplica su tutta la superficie e in profondità contribuendo all'ampliamento delle fratture e alla generazione di tubi freatici nei punti di incrocio tra le diaclasi (fratture aperte) e i giunti di strato (discontinuità tra uno strato e l'altro).
I tubi freatici di dimensioni maggiori favoriscono la concentrazione dei reticoli idrici profondi e si ampliano più velocemente a spese di quelli minori, grazie anche al principio di corrosione per miscela d'acque a diverso grado di saturazione e al trasporto di elementi abrasivi che sviluppano una importante azione erosiva. Nel caso della Pissatela, come per il Buso della Rana, le gallerie principali si sono formate in prossimità del punto di contatto tra le calcareniti e il basalto, che qui si trova a circa 70-80 metri di profondità rispetto all'ingresso della grotta e lo scorrimento idrico sotterraneo avviene secondo un sistema a drenaggio dominante attraverso grossi collettori.
I rami della grotta, a monte dello "Stargate", seguono la pendenza generale del letto basaltico e quindi hanno un andamento in costante salita con gradini più o meno marcati legati a diversità litologiche o a fenomeni di disturbo di natura tettonica. Il dislivello attuale tra lo "Stargate" e le regioni di "Tira Bora" è di circa ottanta metri, dieci in più quindi del dislivello tra l'ingresso della grotta e lo "Stargate". Fra il "Tira Bora" e le fessure che sboccano all'esterno poi ci sono ancora una cinquantina di metri e ciò spiega perfettamente il fatto che la grotta, all'ingresso, aspiri aria d'inverno e la soffi d'estate.
Dalla testata della Valle delle Lore, l'asse principale della grotta si sviluppa verso il roccolo Sella e la cima Faedo, passando sotto un'infinità di doline che costituiscono come una miriade di imbuti da predisposizione tettonica i quali raccolgono e veicolano in profondità tutte le acque meteoriche. In occasione di piogge torrenziali gli ambienti ipogei
sono interessati da piene violentissime che comunque sembra si riducano in tempi abbastanza brevi. Questo regime dimostra che la comunicazione tra la superficie e le grandi gallerie sotterranee risulta piuttosto veloce e, di conseguenza, che la copertura elastico-terrosa ha uno scarso potere di trattenuta. Ricerche specifiche eseguite da valenti studiosi della materia, hanno stabilito che l'azione depuratrice di un acquifero carsico, almeno per quanto riguarda l'inquinamento di origine biologica, è esercitata principalmente dal suolo e dalla copertura di clastici perché è lì che avvengono le principali reazioni fisico-chimiche con l'eventuale inquinante. Superato questo strato, nella roccia sottostante, la circolazione avviene per lo più in regime vadoso (scorrimento a pelo libero) e quindi con bassissima se non nulla capacità depurativa. Gli sbancamenti di qualsiasi tipo in ambiente carsico, per il fatto di ridurre se non eliminare la copertura elastico-terrosa, facilitano la concentrazione dei reticoli idrici permettendo l'instaurarsi di una circolazione di tipo a carso scoperto, che risulta la più vulnerabile per l'acquifero carsico.
Questa situazione, comune alla maggioranza degli altopiani carsici, porta alla conclusione che la presenza di qualsiasi inquinante che dovesse interessare l'ambiente superficiale, dalle sostanze organiche ai composti chimici e agli scarichi industriali, in tempi brevissimi raggiungerebbe le gallerie sotterranee e di lì la cintura di risorgive che sgorgano all'esterno, nel nostro caso a livello del contatto calcareniti -basalto, le quali sono oggetto di captazione idrica da parte della comunità di Monte di Malo.
Considerato il rapido sviluppo futuro delle captazioni idriche degli acquiferi carsici, sarebbe indispensabile sviluppare tutta una serie di rilevazioni, secondo metodologie di studio specifiche come la costruzione di mappe di vulnerabilità; sarebbe importante indagare sul grado di disomogeneità del massiccio, eseguire analisi continuative sull'eventuale presenza di elementi inquinanti e registrare l'andamento annuale della loro concentrazione, ecc...
Sarà interessante anche effettuare una rilevazione delle portate medie annue dei torrenti sotterranei con l'installazione di strumentazione specifica (idrometrografo) come è stato realizzato dal G.G.S.-C.A.I. nel Buso del Vento di Monte Magre per conto dell'Amministrazione Comunale di Schio. Sarà importante ancora raccogliere informazioni sull'andamento delle piene sotterranee (regime, portate e durata) in relazione al volume delle precipitazioni, anche per capire il grado di pericolosità delle piene stesse per gli speleologi impegnati nelle esplorazioni.

Nota bibliografica.
· Il Buso della Rana (40 V-VI), in «Rassegna Speleologica Italiana», anno XIII, 3, pp. 99-164, Albese (CO) 1960.
· Leonardo BUSELLATO e GRUPPO GROTTE SCHIO C.A.I., Dimensione Buio, Schio 1990.
· Leonardo BUSELLATO, La "Pissatela" diventa Rana ovvero: metamorfosi di una grotta, in «Stalattite», XVII, pp. 49-55, Schio 1995.
· Ugo SAURO, Dinamica geomorfologica e vulnerabilità della risorsa acqua nell'Altopiano dei Sette Comuni (Prealpi Venete), in «Studi Trentini di Scienze Naturali» - Acta Geologica, pp.43-51, Trento 1995.
· Federico LANARO, Faedo by Speleo: trent'anni di esplorazioni sull'altopiano del Faedo-Casaron, in «Papesatan», pp. 15-39, Malo 1997.
· Paolo FORTI, Gli acquiferi carsici: problematiche per il loro studio e utilizzo. Atti del convegno nazionale sull'inquinamento delle grotte e degli acquiferi carsici e possibili ricadute sulla collettività, pp.13-40, Gruppo Speleologico Padovano C.A.I., Padova 1999.
· Paolo MIETTO e Ugo SAURO, Grotte del Veneto (2), Verona 2000.
· Bartolomeo VIGNA e Gilberto CALANDRI, Gli acquiferi carsici, Quaderni didattici SSI-CAI, Genova 2001.
· Papanero: altro buco soffiante del Faedo-Casaron, in «Papesatan», pp.19-21, Malo 2002. Acqua e acque della Valleogra, «Sentieri Culturali», 2, Schio 2002.
· Enrico GLERIA, Atlante delle cavità naturali dell'altopiano Faedo-Casaron (in corso di stampa).


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